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Cento anni fa nasceva Gianni Rodari, il maestro di narrativa che ha incantato generazioni

Fonte: Wikipedia

Cento anni fa nasceva Gianni Rodari, il maestro di narrativa per ragazzi che ha affascinato intere generazioni. "Vorrei che tutti leggessero, non per diventare letterati o poeti, ma perchè nessuno sia più schiavo". Ecco, questa frase racchiude il pensiero che ha mosso Gianni Rodari nella sua attività di letterato. Uomo colto, arguto scrittore che ha dedicato il suo talento ai lettori più giovani, spendendo estro ed energie nel formare con le sue opere intere generazioni di italiani.

Rodari era un pedagogista tout court, che credeva nel ruolo della lettura e della cultura quale strumento indispensabile per liberare gli essere umani dalle catene di qualsiasi schiavitù. La letteratura come strumento di liberazione dall’oppressione, in un’epoca in cui l’alfabetizzazione era un impegno titanico e dove si riservavano grandi speranze nell’avvenire. Ancora oggi, a 100 anni dalla nascita (nacque ad Omegna in Piemonte il 23 ottobre del 1920), e a 40 dalla morte (fu stroncato da un collasso il 14 aprile del 1980 a Roma), il suo genio creativo appare ancora modernissimo, ed i suoi insegnamenti attualissimi.

La morte improvvisa, giunta nel 1980 quando Rodari aveva 59 anni, ha messo fine all’attività di un originale e prolifico genio letterario, il più grande tra gli scrittori specializzati in quella che poi è stata riconosciuta quale "letteratura per ragazzi", genere che Rodari ha elevato allo stesso rango di altri generi forse ben più quotati. Un talento indiscusso celebrato negli anni successivi dall’intitolazione di scuole, parchi giochi, biblioteche, ludoteche e luoghi dove al centro vi è la formazione dei più piccoli. Quei piccoli ai quali Rodari ha dedicato grandi storie.

I titoli che accomunano il personaggio sono numerosi: scrittore, pedagogista, saggista, giornalista. Ma viene anche ricordato per il suo impegno di partigiano; una militanza antifascista che contrassegneranno tutta la sua esistenza. Negli anni della sua giovinezza da scolaretto intuì quali erano i limiti dell’istruzione e che da adulto tentò di superare con i suoi colpi di genio letterario, sostenendo la necessità di un’istruzione più giocosa e gioiosa.

Ventenne, con un conflitto bellico appena scoppiato, esonerato dal servizio militare a causa di una salute cagionevole, si dedicò all’insegnamento da maestro elementare. Ma alla fine del '43 dovette abbandonare la cattedra richiamato alle armi dalla Repubblica sociale italiana; ben presto però, dopo avere stabilito dei primi contatti con la Resistenza si spogliò dell’uniforme entrando in clandestinità. Iscrittosi ufficialmente nel Partito comunista, dopo la guerra muoverà i primi passi da giornalista nei giornali d’area, fino ad approdare nel '47 a L’Unità. Ed è in quel momento che comincia ad avvicinarsi alla letteratura per bambini, attraverso la rubrica "La domenica dei piccoli".

Poi sarà la volta di esperimenti come il "Pioniere", più tardi le sue rubriche su Paese Sera e da lì i primi libri come "Il romanzo di Cipollino", "Il libro delle filastrocche", "Le avventure di scarabocchio", "Gelsomino nel paese dei bugiardi", "Favole al telefono", "Il libro degli errori", "Filastrocche in cielo e in terra". Un lavoro prolifico e fecondo che gli varranno nel 1970 il premio "Hans Christian Andersen", considerato il Nobel della letteratura per l’infanzia. Nel 1973 arriverà quello che da molti è considerato il suo capolavoro: il saggio la "Grammatica della fantasia", ritenuto un punto di riferimento per quanti si occupano di educazione alla lettura e di letteratura per l’infanzia.

Una produzione ricca che gli permetteranno di tenere continui seminari in giro per le scuole, incontrando giovani studenti e genitori, ma anche di viaggiare all’estero, soprattutto nell’Unione Sovietica comunista dove le sue opere erano diffusissime nelle biblioteche pubbliche, e dove da alcune sue storie sono stati tratti dei cartoni animati.

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