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Ligabue a nudo, esce "È andata così": autobiografia a quattro mani con Cotto

Mercoledì 6 ottobre ha debuttato in libreria e in tutti gli store online specializzati «È andata così», autobiografia di Luciano Ligabue scritta a quattro mani assieme a Massimo Cotto, speaker radiofonico, scrittore e giornalista.

Il libro ha subito riscosso un grande successo piazzandosi ai piani alti delle classifiche di Amazon e Mondadori, e non poteva essere diversamente: il Liga si porta dietro una storia che assomiglia ad una favola, un universo il cui big bang è una provincia raccontata sempre con l’epica che le si deve, un immaginario unico e poetico. Ligabue è amato perchè, come recita anche il titolo del suo primo disco live, resta sempre «Su e giù dal palco», riesce a coniugare nel panorama musicale italiano l’essere una star con l’essere profondamente umano, l’essere cantante con l’essere ascoltatore appassionato di musica. E allora è anche per questo che «è andata così» è un libro in qualche modo atteso, coerente.

Il libro - spiega Massimo Cotto all’AGI - racconta «la storia di una persona che è arrivata tardi alla musica, o meglio che è arrivata tardi al primo disco, perchè il primo disco è uscito quando Liga aveva 30 anni, e quindi era disperatamente, o meravigliosamente, alla ricerca di se stesso. E nella seconda parte si racconta una storia credo assolutamente impensabile per chiunque e più di tutti per lui date le difficoltà con cui era arrivato il primo disco».
E i fan del Ligabue artista leggendo questo libro possono scoprire che «intanto tutte le leggende metropolitane vengono smontate pezzo per pezzo, quindi tutto quello che si era sempre creduto e invece non è. C'è poco spazio al gossip, anche se è un libro molto intimo, pieno di fatti personali. Insomma è un libro che non fa sconti, però è ovvio che il centro del racconto sono i suoi dischi e quindi racconta come sono nate le canzoni, soprattutto come il Liga, come persona, è cambiata da un disco all’altro».

Non mancano gli aneddoti, come la storia di Pavarotti che gli chiede di raggiungerlo da Chenot a Merano, «e quando Ligabue arriva scopre che in realtà nasconde tre enormi salami alti un metro dietro le tende e che tutto il frigorifero è pieno di caciotte e qualsiasi ben di Dio che lui aveva comprato negli autogrill durante il tragitto; quindi Pavarotti è l’unico al mondo che andava da Chenot non per dimagrire ma per poter mangiare liberamente perchè a casa giustamente Nicoletta lo controllava. Poi una storia che mi ha fatto molto ridere è quella di Federico Poggipollini, sempre al Pavarotti&Friends tutti stavano aspettando Ligabue e la sua band alle prove il giorno dell’esibizione, tra l’altro Pavarotti continuava a non imparare bene «Certe notti», ad avere difficoltà, c'era un po' di apprensione, e quindi arrivano tutti ansiosi di provare, meno Poggipollini e nessuno riesce a trovarlo. Capitan Fede aveva sbagliato posto, quando è arrivato con un ritardo cosmico, Maioli, il manager di Ligabue, lo ha accolto con quella che negli anni sarebbe diventata «LA bestemmia», soltanto una ma con una potenza tale che da allora sarà ricordata come «LA bestemmia».

Una canzone, magari anche non tra le più famose del suo repertorio, alla quale Ligabue si sente più legato è probabilmente - a parere di Cotto - «Urlando contro il cielo», perchè «è una canzone che ha scoperto essere molto molto amata dai suoi fans, che intonano ancora prima che il concerto inizi. Poi, come spesso accade agli artisti, ci si lega di più a quelle canzoni che hanno meno successo, o che magari hanno meno visibilità, quindi non ai singoli. Pensiamo che Ligabue ha fatto 77 singoli, se fai un calcolo vuol dire che in media, ogni quattro mesi, usciva con una canzone che ha puntualmente scalato le classifiche».

Al cantautorato italiano «ha dato intanto un ponte ideale con l’America, Ligabue è profondamente rock nell’animo, non lo è completamente nella musica, nel senso che la sua musica, rispetto al rock tradizionale, ha forse qualche grado di melodia in più, però ha dato quello, un nuovo modo di vedere le cose, ha dato il diritto di cittadinanza alla provincia e a tutto un mondo che fino a quel momento, prima di lui, entrava soltanto tangenzialmente nelle canzoni. Ha rappresentato anche credo un percorso onesto, mi viene in mente Springsteen, e forse lui non apprezzerebbe tanto il paragone perchè lo paragonavano a Springsteen i primi anni, ma Springsteen è uno che è invecchiato con il suo pubblico e Luciano è uno che è cambiato con il suo pubblico, cioè non scrive più le canzoni che scriveva quando era ragazzo o comunque, meglio ancora, ha scritto sempre canzoni che lo rappresentavano in quel momento, senza curarsi troppo che fossero di facile presa o meno, un altro al posto di Ligabue avrebbe fotocopiato se stesso e invece lui ha avuto il coraggio, dopo ogni album di grande successo, per esempio, di fare un album più buio, più cupo, più oscuro, e quindi di rischiare un po'  di più».

E oggi chi è oggi Ligabue come artista e come uomo? «Da un punto di vista artistico è un uomo che ribadirà nel prossimo disco che c'è ancora forza nelle canzoni e nella voglia di raccontarle, credo sia una persona non completamente felice perchè gli artisti non lo possono essere, se gli artisti fossero sempre completamente felici non scriverebbero canzoni, perchè ovviamente hanno bisogno di quelle piccole malinconie, di quei dubbi esistenziali, di quei punti interrogativi che servono poi per la loro arte, quindi quelli che per le persone sono piccoli inciampi alla felicità per un artista sono in qualche modo una benedizione».

Nella seconda parte del libro si passa agli anni del successo, raccontando una storia, «credo, assolutamente impensabile per chiunque e più di tutti per lui». Trenta sono anche gli anni di carriera festeggiati quest’anno da Luciano Ligabue, anche se il concerto/evento «30 anni in un giorno» che avrebbe dovuto tenere a Campovolo lo scorso 12 settembre è stato ragionevolmente rinviato per l’emergenza sanitaria. «è andata così» è un libro intimo, «definitivo», come lo ha definito lo stesso cantautore di Correggio. «Questo è un libro - dice ancora Massimo Cotto - che non nasconde le sue debolezze, la sua fragilità, è un libro dove si mette a nudo».

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