ROMA. Basta mettere in fila un quartetto di titoli ormai attesi in sala per misurare come l'idea di cinema d'autore stia diventando vecchia, o comunque una categoria invecchiata.
Giovedì arriva il nuovo film dell'iraniano premio Oscar Asghar Farhadi «Il cliente» che debuttava allo scorso festival di Cannes: ha tutti i segni dell'artista da cinema (il ritorno dell'autore nella Teheran di oggi, i riferimenti colti all'americano «Morte di un commesso viaggiatore», la sommessa critica sociale ammantata in un linguaggio poetico alto). Ma basta questo per farlo preferire al fantascientifico «The Arrival» del canadese Denis Villeneuve da tempo adottato da Hollywood e a suo agio con le grandi macchine visuali per adolescenti anche quando - come nel caso specifico - mirano molto più in alto?
In lista d'arrivo c'è poi il film europeo del 2016, il tedesco «Tony Erdmann» di Maren Ade che ha sedotto pubblico e critica usando un tema d'attualità come le difficili relazioni tra Europa dell'ovest ed Europa dell'est, ma cucinandolo in salsa di commedia agra, scivolando nel grottesco e con un finale degno di «Helzapoppin».
Siamo proprio sicuri però che il cinema d'autore non abiti anche nel raffinato ricamo di genere dell'americano Bob Zemeckis alle prese con gli intrighi spionistici e psicanalitici di «Allied» sul cui set si consumò la passione galeotta di due star per adulti e adolescenti come Brad Pitt e Marion Cotillard?
Il confronto potrebbe durare tutto l'anno e segnerà, probabilmente, il definitivo rimescolarsi delle carte tra due fazioni storiche della cinefilia che, di norma, fanno pace tra loro solo nel nome di talenti «storicizzati» come il Martin Scorsese di «Silence», anch'esso in uscita per la gloria del nuovo divo Adam Driver.
Certo, i sostenitori della tradizione saranno spesso ricompensati: con i Fratelli Taviani di «Una questione privata» con Luca Marinelli che sembra uscire dalle pagine di Fenoglio e Vittorini; con il veterano Zhang Yimou che ritorna da regista «ufficiale» cinese per firmare un epico «La grande muraglia» con Matt Damon; con l'abbonato della Palma d'oro Michael Haneke che richiama in servizio Jean-Louis Trintignant per un micidiale «Happy End» prenotato sulla Croisette il prossimo maggio. Ma sul fronte del gusto post-moderno che abbatte i confini viene naturale schierare il cileno Pablo Larrain in trasferta americana per un controverso «Jackie» dedicato alla vedova di JFK e destinato a suscitare polemiche come già li è accaduto in patria.
E poi la lista si allungherà con «Split» di M.Night Shyamalan; con il folgorante «La legge della notte» di e con Ben Affleck, con l'attesissimo «La battaglia di Hacksaw Ridge» di Mel Gibson, con lo straziante «Il segreto» di Jim Sheridan.
Tra tante proposte vien voglia di scommettere su tre valori sicuri: il ritorno di Warren Beatty con l'ambizioso «L'eccezione della regola»; un «Trainspotting 2» scritto e diretto da Danny Boyle e soprattutto «Dunkirk» con cui Christopher Nolan si cimenta col cinema di guerra e d'ambientazione storica, sfidando il suo stesso talento da visionario proprio come farà, in autunno, Denis Villeneuve con il suo remake «Blade Runner 2049».
Chi ha ben poco il problema di schierarsi tra cinema d'autore e cinema di genere che ambisce all'alloro dell'arte è quello italiano, un paese dove tutti si sentono artisti e dove emergi solo se hai talento al di fuori dalla consueta commedia. Ecco allora alla prova Ferzan Ozpetek con «Rosso Istanbul» che lo riporta nella sua città d'origine tanti anni dopo «Harem Suarè»; Paolo Virzì con lo sfrenato «In viaggio contromano» girato in America con la complicità di Helen Mirren e Donald Sutherland; Gianni Amelio con «La tenerezza», Silvio Soldini con «Emma», delicato ritratto della non-vedente Valeria Golino. Eppure anche dalle parti di Cinecittà soffia un vento dispettoso dei clichè: codici a cui sarà difficile far aderire Sergio Castellitto con il nuovo «Fortunata», l'ambizioso Luca Guadagnino che ripartirà da un festival cinefilo come Sundance per il suo «Chiamami col tuo nome», il debuttante Donato Carrisi (scrittore da best seller prestato al grande schermo) con «La ragazza nella nebbia». E certo non si piega alle convenzioni Gabriele Salvatores attualmente al montaggio del «Ragazzo invisibile 2», sospeso tra fiaba per adulti e racconto di formazione.
Anche per l'Italia vale la pena però di sbilanciarsi in tre pronostici.
Attenzione a Claudio Amendola regista e interprete del tesissimo e sorprendente «Il permesso-48 ore fuori» con Luca Argentero; a Tony D'Angelo con un noir spiazzante come «Falchi!» interpretato da Michele Riondino, Pippo Delbono e Stefania Sandrelli; a Fabio Mollo con «Il padre d'Italia» con Isabella Ragonese e la star del momento, Luca Marinelli.
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