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La morte di Dario Fo, il figlio Jacopo: "Il gran finale". Camera ardente al Piccolo Strehler

Dario Fo e il figlio Jacopo

MILANO. Gli è stato accanto fino all'ultimo e, adesso che non c'è più, non può che definire la morte del padre come «il gran finale» di una vita vissuta interamente con passione, arte e impegno civile. Sotto la casa paterna, a due passi da Porta Romana a Milano, Jacopo, unico figlio di Dario e Franca Rame, esprime il suo dolore ma anche una sorta di serena rassegnazione per la scomparsa del genitore novantenne, sopraggiunta questa mattina all'Ospedale Sacco di Milano, dove il premio Nobel era ricoverato da una decina di giorni per insufficienza polmonare.

«Nonostante la malattia molto grave, mio padre è riuscito a lavorare fino all'ultimo e se n'è andato senza subire accanimento terapeutico», ha detto Jacopo sottolineando «la grande civiltà» dei medici e degli infermieri della struttura ospedaliera milanese.

Dario Fo «fino all'ultimo ha continuato continuato ad avere passione per l'arte, ad aiutare le persone in difficoltà», ad avere «passione civile». Tutte cose che «i medici dovrebbero iniziare a prescrivere sulle ricette accanto alle medicine», ha sottolineato il figlio, ricordando «l'ultima grande impresa» di Fo, ossia il libro su Darwin uscito a settembre scorso. «Mio padre non ha mai chinato la testa davanti alle violenze, alle aggressioni, a tutto quello che lui e mia madre hanno subito, perchè era impensabile nel suo gusto di vita» ha detto ancora Jacopo, accennando una nota polemica che si scioglie subito dopo in commozione.

«In questo momento una serie di giornalisti stanno facendo un'operazione ridicola» dicendo che Dario Fo «ha avuto un colpo di fortuna ad essere censurato, perché questo gli ha dato successo. Ma come si fa a non vedere che i miei genitori hanno pagato il loro impegno con il sangue?».

Per decisione della famiglia, i funerali di Fo saranno celebrati sabato mattina in Piazza Duomo a Milano con una «cerimonia laica». Ma «il Papa se vuole è il benvenuto. Mio padre lo adorava, non in senso religioso, ma per il suo coraggio, perché sta facendo una rivoluzione grandiosa» ha precisato con un sorriso. Dario Fo, premio Nobel per la letteratura nel 1997, si è spento nel giorno dell'assegnazione del massimo riconoscimento letterario a Bob Dylan. Ancora una volta, ha concluso il figlio, «è stata premiata la cultura fuori dai blasoni: mio padre, un guitto, Bob Dylan, uno che fa musica leggera».

Nelle condizioni in cui era non avrebbe dovuto avere il fiato per fare nemmeno due gradini, invece Dario Fo ha tenuto uno spettacolo cantando poco prima di essere ricoverato all'ospedale Sacco dove è morto ieri mattina. Aveva da anni una malattia ai polmoni che, inesorabilmente, è peggiorata anche se lui fino all'ultimo ha avuto «una capacità respiratoria impressionate» secondo Delfino Luigi Legnani il direttore del reparto di pneumologia, dove è stato ricoverato 12 giorni. E anche lì non ha smesso di lavorare, a informarsi. Accanto a lui «sempre» il figlio Jacopo, e una serie di collaboratori che gli leggeva i giornali e con cui discuteva. D'altronde nel salotto del suo appartamento milanese, su una porta, il premio Nobel aveva appeso un foglio con una citazione di Matisse in francese «non si può evitare di invecchiare, ma si può evitare di diventare vecchio», una massima a cui si è sempre attenuto.

«Lui - ha raccontato il figlio - ha recitato il primo agosto davanti a tremila persone e con un gravissimo problema polmonare è riuscito a cantare. Il primario ci ha detto: 'io sono ateo ma adesso credo ai miracoli'». Se ne è andato ieri mattina alle 8 «senza subire accanimento terapeutico» ha spiegato Jacopo, senza una serie di interventi che «su un uomo di 90 in una situazione ormai terminale sarebbero stati sadismo».

Milano è sempre stata il centro della sua attività, qui si è anche candidato sindaco (o meglio, candidato alle primarie del centrosinistra) nel 2006 perchè all'impegno civile non ha mai rinunciato, come dimostra il sostegno ai 5 stelle, con cui salì sul palco per chiudere la campagna elettorale nel 2013 e nel 2014. E proprio Milano ha deciso di dargli l'omaggio più grande. L'ultimo addio, con una cerimonia laica, sarà nel cuore della città: in piazza Duomo, sabato a mezzogiorno, dopo che la salma sarà accompagnata dalla camera ardente. A ricordarlo saranno, fra gli altri, il patron di slow food Carlin Petrini e Jacopo.

La camera ardente verrà aperta oggi alle 9,45 nel foyer del Piccolo Strehler. Lo stesso teatro davanti al quale tre anni fa si svolse la cerimonia funebre per Franca Rame e dove lui urlò alla moglie l'ultimo ciao. «Una scelta naturale» secondo il direttore del teatro Sergio Escobar. Come naturale è stata la decisione di proclamare il lutto cittadino nel giorno della cerimonia. «Fo è stato uno dei migliori interpreti della storia del nostro tempo. Milano non dimenticherà i suoi insegnamenti» ha detto il sindaco. Il Comune è pronto a tumularlo al Famedio, il pantheon del cimitero maggiore di Milano, e a intitolargli la Palazzina Liberty, che dal '74 all'80 ospitò gli spettacoli del suo collettivo teatrale 'la Comune'.

«Ha resistito e ha continuato a lavorare 8-9-10 ore al giorno fino a quando è stato ricoverato. Bisognerebbe metterlo nei prontuari medici. L'arte, la passione e l'impegno civile servono», ha spiegato Jacopo, assicurando che quello di Fo «è stato un gran finale».

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