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American Anarchist, al Festival di Venezia il "ricettario" dei terroristi

Fonte Ansa

VENEZIA. Un 65enne riflessivo, colto, con un humour sottile, diventato marito, padre e insegnante che ha girato tutto il mondo, specializzato nell'aiutare bambini con disturbi dell'apprendimento, ma anche pieno di sensi di colpa.

È l'immagine che il documentario American Anarchist di Charlie Siskel, presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, restituisce di William Powell, l'autore (morto improvvisamente due mesi fa) del controverso The anarchist cookbook (Il ricettario dell'anarchico), uscito a inizio anni '70: manifesto ideologico per una rivoluzione violenta e al tempo stesso manuale pratico per la fabbricazione di bombe e armi, atti di guerriglia, e realizzazione casalinga di droghe.

Il libro scritto da Powell a 19 anni, è diventato a suo modo cult: ha venduto oltre due milioni di copie ed è stato spesso reputato fonte 'd'ispirazione' per criminali, bombaroli e terroristi. Ce l'avevano in casa infatti, molti autori di stragi o tentate stragi dagli anni '70 ad oggi: fra gli altri, Timothy McVeigh, colpevole dell'attentato a Oklahoma City, i teenager killer di Columbine e recentemente anche dei 'lupi solitari' dell'Isis.

Un effetto non voluto che ha portato Powell a disconoscere il libro oltre 40 anni fa (ne ha ceduto i diritti all'editore a metà anni '70) e a rifiutare di parlarne da allora, fino all'intervista concessa a Siskel, che ricostruisce anche il passato dell'autore con foto e filmati.

Figlio di un portavoce dell'Onu, cresciuto tra Gran Bretagna e Usa, dove ha avuto un'infanzia e un'adolescenza difficili, Powell a 19 anni era convinto della necessità di rovesciare uno Stato che reputava fascista, e aveva scritto il libro per mettere a disposizione di tutti 'conoscenzè che secondo lui non dovevano appartenere solo ai militari.

«Questo non è un libro per bambini e coglioni» recita un avvertimento sulla copertina. La sua opera, per quanto rinnegata, è diventata un marchio d'infamia anche per la sua vita professionale successiva, facendogli perdere incarichi e lavori, ogni volta che ne riemergeva la storia 'nera'.

«The anarchist coookbook sostiene la violenza come modalità per esprimere il dissenso. Ma Bill si è pentito quasi subito di questo, e per me era importante che lo dicesse» spiega Siskel. Nell'intervista, filmata in una settimana, il dialogo è a tratti aspro, quando Powell si confronta con il peso dei morti collegati alla sua opera. «Non voglio certo fare pubblicità al libro - spiega il regista - è già molto conosciuto, ma non bisogna esagerarne il ruolo. Molti giovani ce l'avevano in libreria, anche mio cugino, che certo non andava a mettere bombe. Spero che il film metta il dito sui pericoli che possono nascere dalla radicalizzazione dei giovani, un tema tornato di grande attualità».

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