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Due anni di ricerche in un documentario: ecco i tesori sottomarini delle coste siciliane

Una ricchezza che va protetta perché le nostre acque rappresentano una specificità nel contesto del Mediterraneo

PALERMO. Nel 1927, durante il suo celebre viaggio in Sicilia, il filosofo e scrittore Ernst Jünger, rimaneva incantato di fronte alla «staticità del paesaggio che sembrava tenersi per mano con il peso del passato». Chissà cosa avrebbe detto, allora, di un paesaggio tanto difforme, complesso, variegato e, per certi versi, anche mitico, qual è quello della Sicilia sommersa, ovvero della Sicilia del mare, dei fondali, dei banchi e delle biodiversità.

Uno scenario tutt’altro che statico, piuttosto un mondo tutto da esplorare, poiché quanto è stato fatto dall’Ispra, Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale, in collaborazione con l’Osservatorio per la Biodiversità della Regione Siciliana, è solo il primo tassello di un mosaico che potrà essere composto in maniera più dettagliata negli anni a venire. Una ricerca durata circa un biennio (effettuata tra il 2014 e il 2015), è adesso oggetto di un documentario, dal titolo emblematico, Sottoilmare, disponibile on line sul sito dell’Ispra. Riprese spettacolari che mostrano qual è la condizione dei fondali siciliani: una ricchezza unica, che va salvaguardata, perché il mare della Sicilia rappresenta una sua specificità nel contesto del Mediterraneo.

«Camini idrotermali», «diazona violacea», «corallium rubrum», definizioni scientifiche poco comprensibili, la cui particolarità può però essere colta adesso grazie alle istantanee tratte dal documentario. Se di determinati coralli, o di specifiche tipologie di giovanili di specie ittiche, abbiamo oggi istantanee che ci permettono di vedere cose che altrimenti non avremmo nemmeno potuto immaginare, è soprattutto grazie all’apporto di determinate attrezzature di cui la ricerca documentata in Sottoilmare ha potuto disporre.

Ambienti finora poco noti, come i vulcani sottomarini delle isole Eolie e i bassifondi remoti dello Stretto di Sicilia, sono adesso meno «alieni» perché esplorati utilizzando un veicolo robotico filoguidato, il ROV, capace di raccogliere immagini ad alta definizione e campioni fino a una profondità di 500 metri. Oppure il Multibeam, un ecoscandaglio multi fascio in grado di creare mappe tridimensionali estremamente accurate dei fondali. Sono gli strumenti che hanno consentito, ad esempio, di esplorare nel mare di Panarea, vaste aree idrotermali profonde ricche di camini attivi con batteri chemiosintetici che trasformano i fluidi idrotermali in materia organica.

Sono state scoperte aree idrotermali anche nel banco Graham, per cui è stata coniata la definizione di «ambienti del mito», come la famosa isola Ferdinandea, emersa e scomparsa nel 1831 nello Stretto di Sicilia.
Sui banchi sono state trovate 150 diverse specie animali e vegetali, di cui 18 protette e 31 ritenute sensibili dalle convenzioni internazionali, oltre a 13 ambienti protetti. La ricognizione dei dati sulle specie protette nei mari siciliani ha reso possibile reperire informazioni su 123 specie protette tra vegetali, poriferi, cnidari, molluschi, crostacei, echinodermi, pesci, rettili, uccelli e mammiferi. I dati relativi a queste specie sono stati inseriti nella banca dati dell’Osservatorio e sono stati raccolti in un Atlante delle specie marine protette in Sicilia, che sara` divulgato dall’Osservatorio e dall’Ispra.

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