PALERMO. Nel film In memoria di me Saverio Costanzo ha esplorato la fede, è stato alle prese con le paure dell'infanzia ne La solitudine dei numeri primi; poi ha girato un film in America, Hungry hearts, presentato all'ultima Mostra del Cinema di Venezia, e ha pure ultimato la seconda serie di In treatment, sempre con lo psicoanalista Giovanni Mari/Sergio Castellitto e numerose new entry nel cast. Naturalmente senza smettere di pensare al progetto su Limonov, tratto dal best seller di Emmanuel Carrère, in fase di definizione. Domani a Palermo ritirerà, con Francesco Munzi e Ficarra & Picone, l'«Ebebo d'oro», il Premio del Centro di Ricerca per il Cinema e la Narrativa, presieduto da Egle Palazzolo, che viene assegnato ai film e alle opere televisive ispirate alla letteratura: «Sono felice di questo premio - dice - perché riconosce un fatto importante e cioè che In treatment è una scuola di drammaturgia nelle cui sceneggiature c'è lo stesso movimento della narrazione classica. E l'azione della parola conta enormemente. È un'indagine di anime, un mistero da svelare in ogni episodio».
Vuol dire che il segreto del successo di "In treatment" è la scrittura?
«Tiene insieme la serie, è talmente ben congegnata che in ogni episodio c'è qualcosa d'imprevedibile, qualcosa che l'attore non controlla e rende In treatment un prodotto unico».
Nel ruolo del protagonista meglio Castellitto o Gabriel Byrne, suo omologo nella serie americana?
«Non voglio fare paragoni, certo il personaggio è lo stesso, ma Sergio è grandissimo, nessuno avrebbe potuto in Italia interpretare come lui il personaggio: è, con la scrittura, l'ossatura del progetto».
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