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La radio ha 90 anni, tra voci e suoni ha raccontato quasi un secolo

Dalla propaganda fascista alla guerra, al festival di Sanremo, dal rapporto con i cittadini all’avvento delle «private»

PALERMO. Novant'anni e non sentirli. Fu strumento di propaganda del fascismo, annunciò l'avvio e la fine della seconda guerra mondiale; consentì a tutti gli italiani, ancora prima della televisione, di imparare la lingua, di conoscere la grande musica e il grande teatro; fu terreno di sperimentazione dei primi varietà, ritrovo per gli intellettuali, culla di un nuovo modo di fare informazione, veicolo di protesta. Prima con l'avvento della tv, poi con il web, in tanti l'hanno data per morta. Invece ancora oggi, in un'epoca di bulimia mediatica, la radio è viva e vegeta: fedele e discreta compagna del quotidiano.

Un amore nato il 6 ottobre 1924, quando, in pieno Ventennio, la prima voce esce dai mega-apparecchi, predecessori di quelli più piccoli a transistor, svelando a tutti la potenza dell'invenzione che Guglielmo Marconi rese tangibile. È la violinista Ines Viviani Donarelli a dare l'annuncio del concerto inaugurale, mentre Maria Luisa Boncompagni passa alla storia come la prima «signorina buonasera». La Rai non c'è ancora, la concessionaria è l'Unione Radiofonica Italiana (poi Eiar) e l'Agenzia Stefani è l'unica fonte delle notizie. Con le cronache del regime, negli anni  ’30, nasce la diretta e lo sport invade le case gli italiani: Nicolò Carosio accompagna la nazionale alla vittoria dei Mondiali di calcio del ’34 e del ’38. C'è ancora il leggendario radiocronista palermitano, nel ’59, quando parte Tutto il calcio minuto per minuto, trasmissione immortale che raggiunge i 25 milioni di ascoltatori, rendendo indelebili le voci - tra gli altri - di Enrico Ameri, Sandro Ciotti, Beppe Viola, Nando Martellini.

Tutti figli della radio, come Nunzio Filogamo, altro palermitano, che nel ’34 esordisce nella rivista I quattro moschettieri con la frase: «Miei cari amici vicini e lontani, buonasera ovunque voi siate!». Antesignano dei presentatori, dal ’51 conduce conduce le prime quattro edizioni del Festival di Sanremo, trasmesse solo in radio (dal ’55 parte la diretta tv). Sono anni in cui la radio si apre a nuovi generi: il 7 maggio ’45, giorno in cui un ufficiale destinato al giornalismo, Jader Jacobelli, dà per primo in Europa la notizia dell'Italia liberata, è già lontano. Francesco Cossiga è il primo collaboratore non militare della radio postbellica, presto Giulio Andreotti gli fa compagnia. Nel ’49 vede la luce la Rai e gli studi di via Asiago (il mitico Auditorio A) diventano un simbolo.

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