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Non più stregati dalla luna: adesso si pensa a Marte

Lo sbarco 45 anni fa. Fra sospetti e nuove frontiere. L’ultimo stanziamento di sei miliardi di dollari alla Nasa è per studiare la possibilità di portare un essere umano su un asteroide

Cresce, cala e scompare per poi rinascere. Perché è l’immagine dell’eterno ritorno. Ma c’è anche chi la fa di miele, chi la fa vedere nel pozzo, chi ce l’ha per traverso se non, addirittura, storta se la giornata è proprio sfortunata. Protagonista è sempre lei: la luna, satellite della terra per antonomasia, presenza costante nella vita e nell’immaginario degli uomini, simbolo suggestivo del paesaggio naturale, osannato anche da musicisti, scrittori e poeti. I Mesopotami, nel III millennio a.C., idearono il primo calendario osservando la regolarità delle sue fasi mentre i turchi ne fecero il simbolo del loro impero (oggi, invece, la mezza luna figura sulle bandiere nazionali di molti paesi di religione islamica). E, quella lunare, è stata la prima superficie non terrestre ad essere calpestata il 20 luglio 1969 dalla missione dell’Apollo 11 di Edwin Aldrin, Neil Armstrong e Michael Collins che allunarono nel «Mare della Tranquillità», lontani 384.400 km da casa.
Sono passati quarantacinque anni da quel giorno. Da allora, quasi più nulla. La «nuova frontiera», come l’avevano ribattezzata gli americani, era stata oltrepassata e quindi, ormai, priva di interesse? O, piuttosto, finita ufficialmente la guerra fredda coi sovietici, un inutile dispendio di risorse economiche, in tempo di crisi? O, magari, come affermato appena qualche mese da Charles Bolden, amministratore della Nasa, «la Luna è un libro ormai letto e messo da parte. Quindi concentriamoci su nuovi obiettivi»? Certo, se è vero che la moderna elettronica ha reso inutile l’esploratore in carne e ossa, è anche vero che i sostenitori del «complotto lunare» (ovvero quelli che, ancora oggi, pensano che lo sbarco sulla Luna non avvenne affatto ma fu un’operazione costruita in studio per motivi economici e d’immagine) affermano che «sulla Luna non possiamo tornarci perché non ci siamo mai stati e non siamo in grado di arrivarci».
Bill Kaysing, ex direttore delle pubblicazioni tecniche presso i laboratori della Rocketdyne Research, la ditta che progettò e costruì i razzi delle navicelle dell’Apollo, fu il primo a parlare di moon hoax, cioè di «frottola lunare», pubblicando il libro Non siamo mai andati sulla Luna. Kaysing è morto nel 2005 ma la sua teoria, nel 1978, ispirò il film cult di Peter Hyams Capricorn One. Una decina d’anni fa, comunque, si vociferava di un ritorno sulla Luna con il programma Constellation, proposto da George Bush. Ma l’amministrazione di Barak Obama pare abbia abbandonato l’idea più per motivi economici che ideologici perché, come affermato dal presidente Obama nel suo discorso al J. F. K. Space Center dell’anno scorso, «c’è ancora tanto da esplorare e conoscere».
L’ultimo stanziamento di sei miliardi di dollari alla Nasa è per studiare la possibilità di portare un essere umano su un asteroide. A questo proposito, il giornalista Alan Boyle dichiara d’aver saputo da fonti Nasa che sarebbero pronti altri cento milioni di dollari per lavorare a una nave spaziale-robot, in grado di catturare un piccolo asteroide e trasportarlo nelle vicinanze della Luna entro il 2019 per renderlo esplorabile da una squadra di uomini già entro il 2021 (ma anche la Cina ha annunciato che entro il 2020 manderà i propri astronauti in orbita). Questa missione, continua la fonte di Boyle, sarebbe propedeutica ad una futura esplorazione di Marte, il pianeta rosso. «Back to the moon», quindi, con l’obiettivo di sbarcare su Marte in una perenne odissea nello spazio, alla ricerca di minerali da estrarre (e di cui la Luna è sprovvista). In abbondanza, pare, ci sia solo l’elio-3, un isotopo raro sulla Terra, indispensabile per la fusione nucleare e che potrebbe essere usato come fonte di energia per le centrali elettriche a fusione di seconda generazione. Cosa resta della Luna oggi? Molto ma non tutto. Che ha Una forza di gravità pari a 1/6 di quella terrestre, che è priva di agenti erosivi (acqua e aria), motivo per cui la sua superficie è pressoché inalterata da miliardi di anni. Ma ancora ci sfugge quale sia la sua origine e la sua dinamica formazionale. Nozioni che sarebbero di grande aiuto per capire cosa sia accaduto alla Terra in epoca remota, se davvero vi sia stato uno scontro tra planetesimi, che avrebbero strappato al nostro pianeta una parte del mantello e della crosta. Sarebbe interessante capire a cosa siano dovute con certezza le mascons (acronimo per «mass-concentration») sulle quali abbiamo solo teorie ma nessun dato certo. Dal primo essere vivente, la cagnetta sovietica Laika del 1958, al satellite Explorer dello stesso anno, al primo cosmonauta russo Jurj Gagarin nel 1961 fino al «piccolo passo per l’uomo, ma un balzo gigantesco per l’umanità» di Neil Armstrong del 1969, «la bianca e informe massa, fulgida e vagabonda, a cui sola fu dato mutare», nelle parole del poeta romantico inglese P. B. Shelley in To the Moon, ci sta anche la terza missione statunitense, quella dell’Apollo 13 che, però, non allunò mai per l’esplosione di uno dei quattro serbatoi d’ossigeno del modulo di comando. Ma che è passato alla storia per il suo «Houston, abbiamo (avuto) un problema» di cinematografica memoria.

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