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Morto lo scrittore Vincenzo Consolo

Legato a Leonardo Sciascia, per lunghi anni consulente editoriale della casa editrice Einaudi per la narrativa italiana aveva raggiunto la grande notorietà nel 1976 con il romanzo rivelazione «Il sorriso dell'ignoto marinaio»

MILANO. «Più nessuno mi porterà nel Sud, lamentava Quasimodo. Invece - se m'è concesso il confronto - io nel Sud ritorno sovente». Così Vincenzo Consolo spiegava il suo ininterrotto rapporto con la terra e la cultura siciliane: «Da Milano, dove risiedo, con un volo di un'ora e mezza, atterro in Sicilia. Dalla costa d'oriente o d'occidente, ogni volta, come per ossessione, vizio, coazione a ripetere, celebrazione d'un rito, percorro l'isola da un capo all'altro,
vado per città e paesi, sperduti villaggi, deserte campagne, per monti e per piane, per luoghi visti e rivisti non so quante volte».


L'ultima volta che Consolo era tornato in Sicilia è stato nell'estate di due anni fa. A Gratteri, sopra l'amata Cefalù, in una limpida serata d'estate si presentava «L'isola in me», un film documentario di Ludovica Tortora de Falco sulla Sicilia suggestiva e straziante di Consolo. Era un ritratto dello scrittore, dell'uomo e dell'artista attraverso i luoghi, i temi, le suggestioni letterarie della sua vita.  Consolo si era assegnato quello che chiamava il «destino d'ogni ulisside di oggi»: quello di «tornare sovente nell'isola del distacco e della memoria e di fuggirne ogni volta, di restarne prigioniero...». Di questo intenso legame passionale, civile e letterario con la Sicilia Consolo ha sempre dato testimonianza. Dalle profondità del mito ha ricavato una
lettura lucida della storia italiana e siciliana dal dopoguerra a oggi. Lo ha fatto attraverso alcuni temi cruciali: l'emigrazione, la vita dei minatori delle zolfare, l'industrializzazione e le devastazioni del territorio, i terremoti e le selvagge ricostruzioni, le stragi mafiose. È una
storia che Consolo ha vissuto in prima persona, condividendola con altri scrittori, in primo luogo Leonardo Sciascia a cui era profondamente legato.


E proprio Sciascia aveva segnato il suo percorso letterario cominciato nel 1963 con «La ferita dell'aprile». Prima che nel 1976 pubblicasse il suo secondo romanzo, quello che gli diede la notorietà, «Il sorriso dell'ignoto marinaio», Consolo si era lasciato tentare (lui diceva «irretire») da Vittorio Nisticò e da Milano era approdato a Palermo nella redazione del giornale L'Ora. Ma vi era rimasto solo pochi mesi, poi era tornato a Milano da dove ha continuato a tenere un rapporto intenso, e continuamente rinnovato, con la Sicilia. Di questo legame con la storia e la
cultura siciliana sono testimonianza, oltre al sodalizio con Sciascia e all'amicizia con Gesualdo Bufalino, anche la sua intensa produzione letteraria, da «Le pietre di Pantalica» a «Retablo», da «Nottetempo casa per casa» (premio Strega 1992) a «L'olivo e l'olivastro», da «Lo Spasimo di Palermo» a «Di qua dal faro». A cui si aggiungono saggi di forte intonazione civile, interventi e una densa raccolta di articoli per il Messaggero e per l'Unità.

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