L'acqua può essere contaminata passando da tubature vecchie o crepate, magari vicine a fogne o terreni dove è presente il batterio, oppure a seguito di una perdita di pressione nella rete durante interventi di manutenzione, tale da far entrare dall’esterno la risorsa idrica infettata, che poi va miscelarsi con i volumi presenti all’interno delle condutture».
Sono alcune delle possibili cause di un allarme Salmonella, ma quando l’allerta suona nei grandi sistemi di distribuzione, come accaduto nel Trapanese e nell’Agrigentino, l’elenco delle ipotesi, spiega il presidente dell’Ordine dei biologi di Sicilia, Alessandro Pitruzzella, diventa molto più lungo, comprendendo anche, «ad esempio, scarichi non trattati chimicamente a dovere o non filtrati, rilasci e infiltrazioni dei reflui agricoli, guasti in fognature non adeguatamente separate dall’acquedotto oppure fenomeni atmosferici estremi, come le alluvioni, che possono sovraccaricare gli impianti fognari determinando il versamento di liquami nei bacini o nelle falde acquifere».
Un’eventualità, quest’ultima, da scartare visto il deficit di piogge che affligge l’Isola da mesi, mentre sugli altri probabili fattori saranno le autorità competenti a capire e analizzare. Ma adesso c’è da risolvere un problema: come si fa a sanificare tutto e ripristinare la normalità?
«Ci sono vari metodi per distruggere la salmonella in una rete idrica. Il più economico è quello della clorazione, che ossida la membrana cellulare dei batteri annientandoli. Ovviamente con il giusto dosaggio, per evitare la formazione di composti chimici come i trialometani, dannosi per l’atmosfera e l’ambiente e potenzialmente cancerogeni.
Un’alternativa al cloro tradizionale è il biossido di cloro, che ha capacità più performanti, oppure l’uso dell’ozono, che non lascia residui nell’acqua ma necessita di apparecchiature complesse e costose. Poi ci sono i trattamenti fisici, come l’utilizzo di filtri a membrana per “bloccare” il passaggio dell’agente patogeno, oppure l’esposizione della risorsa idrica a raggi ultravioletti ad alta densità. L’ideale sarebbe il combinato disposto delle due cose: trattamento chimico e fisico».
Ma quanto tempo ci vuole? «Non tantissimo, dipende anche dalla concentrazione del batterio nell’acqua. Di certo, bisogna agire tempestivamente, come stanno facendo gli organi preposti, perché più la risorsa rimane contaminata più la Salmonella prolifica. Inoltre, una volta sanificata la rete idrica, bisogna costantemente monitorarla per vedere se non c’è un ritorno del batterio. Ma a monte occorre anche scoprire quale è stata la causa scatenante, altrimenti, una volta scomparso l’effetto, dopo una decina di giorni il sistema idrica tornerà al punto in cui è oggi».
Nel frattempo, nelle case di Comuni interessati dall’allerta cosa bisogna fare?
«Saranno i sindaci e le autorità preposte a chiarire, ma in linea di massima, cercando di tenere alta l’attenzione e al contempo di non cadere nella psicosi, è consigliabile: evitare di usare l’acqua del rubinetto per cucinare (se non bollita per almeno tre minuti) e lavare frutta e verdura, utilizzare quella in bottiglia per lavarsi i denti, mentre per il corpo meglio scartare la doccia e ricorrere alla vasca da bagno, con acqua bollita prima o sanificata con amuchina. Chi ha le cisterne e i serbatori privati potrebbe anche ricorrere alla clorazione».
Quali patologie comporta la salmonellosi?
«Gastroenterite acuta, diarrea, da moderata a grave, nausea, dolori addominali e muscolari, ma anche febbre permanente, mal di testa ed eruzioni cutanee. Il tempo di insorgenza dei sintomi dopo l’esposizione al batterio va dalle 6 alle 72 ore, il malessere può durare fino a una settimana. Nelle forme più invasive la salmonellosi può anche determinare meningite, endocardite e osteomielite. Va ricordato che questo tipo di batterio è presente in natura con centinaia di varianti»
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