La strage in famiglia, parla la psichiatra Dell’Osso: «La maschera del bravo ragazzo frutto di un camuffamento»
Una strage che si presenta come un omicidio efferato per mano del classico «bravo ragazzo», inappuntabile a scuola, con vari amici e che non aveva mai dato in precedenza, a quanto riferito, segnali di stranezza o allerta. Per la presidente della Società italiana di psichiatria (Sip), Liliana Dell’Osso, al momento sono ancora troppo pochi gli elementi noti per poter ipotizzare il profilo della personalità del 17enne che a Paderno Dugnano ha ucciso i genitori ed il fratello minore, ma sicuramente, rileva la studiosa, «colpisce la sua lucidità e apparente normalità: in realtà potrebbero essere i tratti di una “maschera” assunta per nascondere un proprio profondo disagio interiore, quello che in psichiatria definiamo il fenomeno del “camouflaging”, ovvero il camuffamento». In relazione a casi precedenti, spiega la psichiatra all’Ansa, «sappiamo che nella maggior parte degli omicidi familiari la motivazione del delitto non è di origine psicopatologica, anche se spesso i difensori sollevano immediatamente il dubbio di una qualche forma di infermità mentale». In realtà «ci si può trovare dinanzi ad una casistica ampia, che va dalla personalità disturbata ma non patologica al soggetto malato grave. Negli anni abbiamo avuto infatti una serie di casi diversi. Si va dall’omicidio Carretta, con il soggetto affetto da patologia grave di schizofrenia paranoide, al caso di Pietro Maso per il quale invece si è accertato un disturbo narcisistico di personalità, ad altri casi in cui vengono evidenziati tratti abnormi e fuori dagli schemi in soggetti che per altri versi si presentano come normali». Il profilo del camouflaging, che potrebbe improntare il comportamento del 17enne di Paderno, afferma, «si riscontra quando c’è uno sforzo da parte dell’individuo al fine di nascondere un proprio disagio, l’Io profondo, camuffandosi appunto dietro una «maschera» di normalità ed il fine è quello in un certo senso di mimetizzarsi e non farsi riconoscere nella propria più intima dimensione. Ci si crea cioè una maschera sociale che permetta di interagire, viste le difficoltà di fondo che invece si hanno». Cioè, chiarisce Dell’Osso, «i soggetti che hanno difficoltà relazionali sin dall’infanzia spesso imitano i coetanei in quelli che appaiono come comportamenti sociali vincenti e quindi si creano una maschera, recitando una parte, che permette loro di interagire ovviando alle difficoltà relazionali da cui sono affetti. E di solito mettono in atto comportamenti virtuosi proprio per assicurarsi un giudizio degli altri che corrisponda all’immagine positiva (talora grandiosa) che essi hanno di se stessi». Insomma, una sorta di personalità «dottor Jekyll e Mr Hyde», sottolinea, «in cui la vera natura del soggetto non è manifesta agli altri fino a quando non sfocia in un evento improvviso e imprevedibile che, a volte, può essere grave ed esplosivo». Nella strage di Paderno emergerebbe poi un altro aspetto: «Il ragazzo ha dichiarato di averci pensato già da tempo. Ciò parrebbe indicare una modalità di pensiero di tipo “rimuginativo”, su, magari, presunte o reali offese o rimproveri, che potrebbero aver innescato un circolo vizioso autoalimentantesi». Colpisce infatti il fatto che il ragazzo sembrerebbe essersi accanito sul fratellino: «questo si potrebbe riportare ad un tratto narcisistico, in cui l’invidia, in questo caso per il fratello minore - conclude Dell’Osso - è un elemento tipico».