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Lavori mai eseguiti con il decreto Rilancio: 60 milioni sequestrati, indagini anche in Sicilia

Sono 83 gli indagati e 6 gli arrestati in Campania ma anche Umbria e Friuli

Hanno ceduto a Poste italiane crediti di imposta pari a circa 130 milioni di euro accumulati grazie alle agevolazioni del Decreto Rilancio e relative a lavori edilizi mai eseguiti in diverse regioni, facendo poi «sparire» il danaro ricevuto in cambio. È l’accusa contestata a 83 persone, sei delle quali arrestate e condotte in carcere dalla guardia di finanza su ordine del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Napoli Nord. Gli arrestati risiedono in Campania, in particolare a Frignano e San Marcellino (Caserta), a Torre Del Greco e Torre Annunziata (Napoli), a Pagani e Camerota (Salerno), mentre gli altri indagati in diverse province italiane, tra cui Pordenone e Perugia.

I finanzieri della compagnia pronto impiego di Aversa hanno inoltre sequestrato a 34 indagati 16 milioni di euro, ritenuti il profitto del reato corrispondente a quanto pagato dalle Poste per acquistare i crediti, e 48 milioni di crediti di imposta fittizi ad altre 35 persone indagate. I reati contestati sono a vario titolo la truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche e l’autoriciclaggio.

L’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Napoli Nord, ha svelato un sistema composto da circa 50 società «cartiere», esistenti cioè solo sulla carta, i cui rappresentanti legali hanno dichiarato falsamente tra il 2021 e il 2022 di avere in corso di esecuzione lavori di riqualificazione energetica con il superbonus e di rifacimento di facciate di edifici residenziali situati in Abruzzo, Lazio, Molise, Puglia, Lombardia, Piemonte, Marche, Campania, Sicilia, Sardegna, Emilia Romagna, Trentino Alto Adige, Veneto. I «falsi» sono serviti per accedere alle detrazioni previste dal Decreto e accumulare così crediti di imposta cedibili a terzi e dunque monetizzabili. I crediti sono stati ceduti a Poste italiane, che era all’oscuro di tutto, in cambio di diversi milioni di euro, che gli indagati hanno fatto sparire attraverso soggetti e società compiacenti, italiane ed estere, soprattutto cinesi.

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