La commozione e le lacrime, poi le parole di papà Gino, l’applauso e il rumore, quello che aveva preteso Elena, come a voler rimarcare che Giulia non sarà dimenticata, che la sua morte non sarà solo dolore davanti a una bara coperta di rose bianche. È l’addio a Giulia Cecchettin, i sentimenti per una ragazza di 22 anni, vittima di femminicidio, che hanno riempito stamani a Padova la basilica di Santa Giustina, dove si sono celebrate le esequie, e poi la vasta piazza di Prato della Valle.
Il feretro è stato accolto poco prima delle 11 sul sagrato, ed è transitato nella navata accompagnato dal padre Gino, dal fratello Davide e dalla nonna, assieme ad altri parenti. Elena, la sorella che per prima ha denunciato come le donne ancora muoiano di patriarcato, ha preferito entrare da un ingresso laterale della chiesa, assieme a un’amica. Poi è andata subito a rifugiarsi tra le braccia del papà, con il capo appoggiato alla sua spalla, gli occhi socchiusi. Improvvisamente piccola, dopo la grinta e la rabbia mostrate in queste settimane di atroce sofferenza.
Il presidente Mattarella - che ha inviato una corona di fiori come la premier Meloni e i presidenti di Senato e Camera - l’ha ricordata durante la cerimonia per le Stelle al merito del lavoro. Per il Governo era presente il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, assieme alle autorità locali, a partire dal presidente regionale Luca Zaia e al sindaco di Padova, Sergio Giordani, una quarantina di primi cittadini di Veneto e Friuli Venezia Giulia, parlamentari e la rettrice dell’università, Daniela Mapelli. Molti, in chiesa e fuori, con il fiocco rosso al bavero contro la violenza di genere.
Nella sua omelia, il vescovo di Padova, monsignor Claudio Cipolla, è andato al punto chiedendo «la pace tra generi, tra maschio e femmina, tra uomo e donna. Vogliamo imparare l’amore - ha sottolineato - e vivere nel rispetto reciproco, cercando anzi il bene dell’altro nel dono di noi stessi. Non possiamo più consentire atti di sopraffazione e di abuso; per questo abbiamo bisogno di concorrere per riuscire a trasformare quella cultura che li rende possibili. Forse voi giovani - ha aggiunto - potete osare di più rispetto al passato. Nella libertà potete amare meglio e di più: questa è la vostra vocazione e questa può e deve diventare la vostra felicità!».
Poi anche un pensiero a Filippo Turetta, per il quale Cipolla ha chiesto «la pace del cuore». «Il nostro cuore - ha proseguito - cerca tenerezza, comprensione, affetto, amore. La pace del cuore è pace con se stessi, con il proprio corpo, con la propria psiche, con i propri sentimenti soprattutto quelli che riguardano il senso delle azioni che compiamo e il senso della vita».
Nel suo saluto al termine del rito, atteso ed elaborato a lungo, Gino Cecchettin lo ha ribadito, secondo quella linea morale e di comportamento che ha sempre tenuto durante la drammatica vicenda: «Che la memoria di Giulia ci ispiri a lavorare insieme contro la violenza, che la sua morte sia la spinta per cambiare», ha invocato. E a Giulia: «Io ti amo tanto, e anche Elena e Davide di adorano. Io non so pregare, ma so sperare. Voglio sperare insieme a te a alla mamma, e a tutti voi qui presenti, che tutta questa pioggia di dolore fecondi il terreno delle nostre vite, e un giorno possa germogliare, e produca il suo frutto di amore, di perdono, e di pace».
Un discorso che ha colpito menti e cuori. Zaia, all’uscita, ha subito chiesto che queste parole vengano diffuse nelle scuole. E il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara lo ha promesso: quelle parole «di alto valore morale e civile» saranno inviate «alle scuole affinché i docenti ne possano discutere con i loro studenti».
Studenti come Giulia che ora non c’è più. Il feretro bianco esce dalla basilica accolto da un grande e lunghissimo applauso tra i diecimila sul sagrato e in Prato dalla Valle. Grande la commozione, i campanelli e le chiavi agitati dai ragazzi per fare rumore, i cori «Giulia, Giulia». Un omaggio e un impegno perché qualcosa cambi.
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