Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Al funerale di Giulia Cecchettin c'era un uomo che ha ucciso una donna: «Dovevo vedere le conseguenze di ciò che ho fatto anch'io»

Il cappellano del carcere Due Palazzi di Padova racconta le impressioni di un ex detenuto che ha scontato la sua pena per un femminicidio

La folla durante i funerali di Giulia Cecchettin all'esterno della Basilica di Santa Giustina, a Padova (foto di Marco Albertini/Ansa)

«Anche oggi, per l’ennesima volta, Dio mi ha rieducato: mi ha fatto partecipare al funerale di Abele-giulia accompagnato e invitato da Caino-alessio-filippo». Lo scrive su Facebook il cappellano del carcere Due Palazzi di Padova, don Marco Pozza, rivelando di aver assistito alle esequie di Giulia Cecchettin assieme a un ex recluso (Alessio è un nome di fantasia) condannato per femminicidio.

Nel post, don Pozza sottolinea che l’invito gli è venuto dallo stesso ex detenuto, che ha espiato la pena per aver «commesso la stessa mattanza - scrive - che ha commesso Filippo. Oggi, dopo aver scontato tutta la pena che la giustizia gli ha inflitto, è un libero cittadino che si sta rimettendo faticosamente in piedi».

I due si sono sistemati in Prato della Valle, perché l’amico non voleva farsi riconoscere «e io non voglio le telecamere addosso. Mi bastano ancora quelle di quella volta», riferisce ancora Pozza. «Una cerimonia da brividi - prosegue il sacerdote - guardavo il volto di lui, il volto di quelli vicini a lui, respiravo il silenzio freddo delle esequie funebri. Il silenzio della piazza attonita. Al momento della comunione, un signore vicino a noi due, vedendolo così preso dalla cerimonia, gli chiede: “Ma se ti capitasse una cosa del genere, tu cosa faresti?” Non sa che quest’uomo, accanto a me, ha ucciso anche lui una donna... Il mio amico scrolla la testa, tace, la abbassa. Io capisco tutta la sua fatica, l’altro capisce che anche il mio amico, in un’occasione simile, non saprebbe come comportarsi».

I due se ne sono andati dopo il discorso di Gino Cecchettin. «Percepisco - scrive don Pozza - che le parole stanno incidendo la sua memoria come fossero un punteruolo. Aspettando il tram, mi dice: “Oggi, per me, è finita la galera. Dovevo vedere coi miei occhi, respirare, le conseguenze di un gesto simile a quello che ho fatto io, visto che quella volta il funerale di lei io non l’ho visto nemmeno per televisione. Mi sono sempre chiesto cosa si provasse”. Colgo la palla al balzo: “Cosa si prova?” Mi allontana dolcemente con la mano», conclude.

Caricamento commenti

Commenta la notizia