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La strage del bus, spunta un varco di un metro e mezzo nel guardrail

La procura frena: ci vuole tempo per accertare le cause del disastro. Cominciata l'autopsia sul corpo dell'autista

Quel guardrail troppo basso, e vecchio, del cavalcavia, e l’autopsia sull’autista del pullman della morte, per capire se è stato un malore a fargli perdere il controllo del mezzo. Girano attorno a questi due elementi le risposte che la Procura di Venezia attende per indirizzare verso qualcuno l’inchiesta per omicidio stradale plurimo aperta, al momento senza indagati, sull’incidente di Mestre. Bruno Cherchi, il capo dell’ufficio giudiziario veneziano, è tornato oggi (5 ottobre) a mettere i paletti sugli sviluppi dell’indagine, dopo le indiscrezioni che si susseguono sulla stampa.

Iniziando dalla scoperta del «buco nel guardrail», in realtà un varco di servizio, di circa un metro e mezzo, presente sulla barriera laterale del viadotto. Un elemento esistente su tutti i manufatti stradali risalenti a qualche decennio fa.

«Non abbiamo alcun elemento per trarre conclusioni sul guardrail- ha detto Cherchi -, per questo ci serve una perizia». Il magistrato ha negato che qualcuno abbia definito «marcia quella barriera». «Sul guardrail - ha spiegato - faremo tutte le attività del caso, iniziando da una consulenza tecnica, appena avremo trovato il soggetto idoneo per farla. Servono conoscenze tecniche, non giuridiche. Per ora non abbiamo acquisito dal Comune di Venezia documenti sulla rampa». E poi, ha proseguito il procuratore, «le notizie spezzettate non aiutano il nostro lavoro e creano confusione. La giustizia non è uno show».

Ma prima che sul guardrail e il «varco di servizio», Cherchi, e la pm Laura Cameli, che ha ricevuto il fascicolo, si attendono risposte dall’autopsia sul corpo di Alberto Rizzotto, l’autista del bus precipitato. L’esame autoptico è stato assegnato all’istituto di Medicina legale dell’Università di Padova. È iniziato nella giornata di oggi. Anche in questo caso, però, Cherchi, ha messo le mani avanti: «Gli esiti non arriveranno in tempi brevi», ha aggiunto. Ed anche le perizie tecniche, per le quali dovrà essere fissato un incidente probatorio non avranno risposte immediate.
Per accelerare i tempi, quindi, la Procura ha chiesto che «tutte le perizie vengano eseguite contemporaneamente, nei limiti del possibile, senza privilegiare un indirizzo rispetto ad altri». I periti saranno chiamati ad esaminare il guardrail, il bus, la scatola nera del mezzo, elementi finiti sotto sequestro». In quel momento arriveranno le prime iscrizioni sul registro degli indagati. Perché, se anche solo una di esse, risultasse irripetibile, bisognerebbe permettere ai soggetti coinvolti - che diventerebbero indagati - di presentare un proprio perito in incidente probatorio.

A tenere banco per l’intera giornata è stato in ogni caso il «buco del guardrail», e il ruolo che questo ha avuto nell’agevolare lo sbandamento verso destra del pullman, già fuori controllo. Il mezzo, dopo aver iniziato a strisciare sulla balaustra, alta 55 centimetri, sarebbe entrato congli pneumatici nel «varco di sicurezza», spingendo così la corriera ancora più addosso al guardrail, che non ha retto al peso di 13 tonnellate del bus.

Alle notizie del cosiddetto «buco», ha reagito con decisione il Comune di Venezia, con l’assessore ai Trasporti Renato Boraso. «Affermazioni inaccettabili», le ha definite Boraso. «Il bus non è caduto perché “c’era un buco” di un metro e mezzo nel guardrail. Quel buco - ha detto - è un varco di sicurezza, di servizio, previsto dal progetto originario del manufatto. L’autobus è caduto 50 metri dopo il varco, continuando a strisciare sul guardrail, senza segno di frenata o contro-sterzata. Vogliamo dire che senza il “buco”, la barriera avrebbe tenuto un mezzo in corsa, che sbanda, di 13 tonnellate?».

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