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Messina Denaro ai pm: «Sapevo dove mettevate le telecamere, ho l'aggeggio per trovarle»

Ricoverato in rianimazione dopo l'intervento di ieri sera. Il boss ha raccontato anche come è nato il selfie con uno dei medici della clinica La Maddalena di Palermo

Mentre il boss Matteo Messina Denaro è ricoverato in terapia intensiva dopo aver subito, ieri sera, un intervento chirurgico all’ospedale dell’Aquila, spuntano fuori importanti elementi sui 30 anni di latitanza dagli interrogatori ai quali è stato sottoposto dopo l’arresto avvenuto a Palermo il 16 gennaio scorso: ai pm ha rivelato di sapere dove i carabinieri del Ros mettevano le telecamere e quindi del modo con il quale controllava il territorio.
«Tutte le telecamere di Campobello e Castelvetrano le so, primo perché ho l’aggeggio che le cercava, che non l’avete trovato; e poi perché le riconosco»: così spiega come era in grado, da latitante, di individuare, a volte di persona, le videocamere piazzate nel trapanese dagli investigatori che gli davano la caccia.
Al procuratore di Palermo, tra le altre cose ha detto dove avesse nascosto l’apparecchio usato per intercettare le telecamere, mai trovato nei covi del capomafia. E accenna anche a chi lo avvisava: «me lo dicevano. Amici miei, che non dico».
Il boss ha raccontato anche come è nato il selfie con uno dei medici della clinica La Maddalena, dove è stato arrestato e dove era in cura per il tumore al colon, che tante polemiche suscitò dopo la cattura del boss. «Ma lui sapeva che mestiere faceva?», gli chiede il magistrato. «Si, l’imprenditore agricolo, olio di olive», risponde il capomafia.
Intanto, stamani, dopo l’operazione cui è stato sottoposto nella serata di ieri dopo il trasferimento d’urgenza dal carcere aquilano, Messina Denaro si è risvegliato in terapia intensiva «vigile e attivo», come ha sottolineato il garante dei detenuti, Gianmarco Cifaldi.
Ha subito un intervento che i chirurghi dell’ospedale dell’Aquila hanno definito non semplice anche perché eseguito su una persona sofferente che lotta da anni contro un tumore al colon in uno stadio avanzato. Le sue condizioni sono serie, essendosi aggravate negli ultimi tempi, ma non corre un imminente pericolo di vita.
In rianimazione, dove è monitorato 24 ore su 24 dai macchinari, ma dove è piantonato nel mezzo di ingenti misure di sicurezza, secondo quanto, si è appreso da fonti mediche, rimarrà tre giorni. Poi la sua degenza potrebbe protrarsi per una decina di giorni nella cella dedicata ai detenuti dove finora è stato curato, in particolare con la somministrazione di chemioterapia, in un ambulatorio ad hoc ricavato di fronte alla sua cella.
Il legale difensore in Abruzzo del capomafia, l’avvocato del foro di Vasto (Chieti) Alessandro Cerella, dopo la denuncia di sulla necessità di un ricovero in ospedale viste le condizioni di salute non compatibili con il carcere duro, ancora oggi ha parlato della eventualità di una istanza di scarcerazione.
«Analizzati i fatti e la documentazione, ci riserviamo di decidere la strategia più opportuna per presentare una istanza di scarcerazione», ha spiegato il legale che fa parte del pool di difensori, insieme alla nipote del boss, Lorenza Guttadauro.

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