Cinquecento migranti ammassati su un’imbarcazione da motopesca, per quasi due giorni tra le onde alte in balia delle raffiche di vento fino a 40 nodi: l’ennesima tragedia in mare è stata scongiurata dalla nave Geo Barents di Medici Senza Frontiere, che dopo ore difficili ha messo in salvo i naufraghi in acque maltesi. E adesso non si esclude che le autorità italiane possano farsi carico del salvataggio offrendo supporto e un porto sicuro.
Con le condizioni meteo avverse i soccorritori hanno provato ad avvicinarsi all’imbarcazione che rischiava di ribaltarsi, raggiungendola con due piccoli scafi e distribuendo i salvagente. L’operazione, lenta e complicata, è durata diverso tempo in zona Sar maltese. Le autorità dell’isola avevano riconosciuto precedentemente il coordinamento dei soccorsi solo a due mercantili vicini a quella posizione, ma le due imbarcazioni - ha fatto sapere Alarm Phone - non erano equipaggiate per portare a termine un’operazione di salvataggio così imponente. Dopo quattro ore dall’inizio delle operazioni, il team di Msf era riuscito a far salire a bordo della Geo Barents circa la metà dei naufraghi e l’impegno è proseguito anche con il buio della sera.
La nuova emergenza arriva proprio mentre dalla Ocean Viking, la nave di Sos Mediterranée, sono appena sbarcati a Salerno 92 profughi tratti in salvo al largo della Libia. La macchina dell’accoglienza, coordinata dalla Prefettura, ha riguardato anche la protezione civile, che ha attivato squadre di volontari e psicologi, e la Caritas diocesana locale che invece ha allestito un punto di primo ristoro e messo a disposizione vestiti per i migranti che ne avessero avuto bisogno.
Dei 92 profughi sbarcati nello scalo campano, 51 sono minori quasi tutti non accompagnati: complessivamente si tratta di sessanta persone di nazionalità somala, mentre la restante parte proviene da Egitto, Sudan, Ghana, Nigeria, Camerun, Somalia e Guinea. Dopo le operazioni di identificazione e i controlli sanitari, i migranti sono stati tutti smistati nei rispettivi centri di accoglienza, più della metà è stata destinata a Taranto. Uno dei sopravvissuti, un giovane di 17 anni, ha spiegato di essere “arrivato in Libia a 12 anni, dopo il divorzio dei miei genitori - ha detto - . Non c’è posto per me a casa, in Guinea Conakry», ha detto ai volontari della ong, rivelando anche di essere stato per tre volte in centri di detenzione e di aver cercato di fuggire via mare per quattro volte».
Non c’è tempo per allentare la tensione nel Mediterraneo. Gli attivisti di Sos Mediterranée temono «per le altre vite a rischio, perché i tentativi di fuga dalla Libia continuano senza sosta».
Resta l’emergenza degli arrivi anche attraverso la rotta della Tunisia, aggravata da una crisi economica e politica. A lanciare un monito alle autorità dello Stato magrebino è stato il comitato Onu per l’eliminazione della discriminazione razziale, il quale si è detto allarmato per le osservazioni fatte dal presidente tunisino Kais Saied a fine febbraio, che ha parlato di «orde di migranti illegali» in arrivo dai paesi africani sub-sahariani come parte di «un piano criminale per cambiare la composizione del panorama demografico tunisino». Tali dichiarazioni sono state fonte «di violenze, crimini e pratiche inaccettabili», afferma il comitato delle Nazioni Unite, per il quale tali osservazioni violano convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale.
L’ondata di incitamento all’odio è sfociata in atti di violenza contro i i migranti sub-sahariani, inclusi attacchi fisici e sgomberi dalle loro case e dai loro posti di lavoro: per questo il comitato ha espresso allarme per le segnalazioni di numerosi arresti arbitrari di questi migranti, tra cui donne, bambini e studenti, e di un aumento dell’incitamento all’odio razziale o xenofobo sui social e su altri media.
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