«Non ho fatto niente di particolare, non sono un eroe»: si è schermito così il palermitano Massimo Tarantino, 51 anni, l’ex difensore di Napoli, Inter e Bologna che nell’ipermercato di Assago è intervenuto per fermare il 46enne che ha ucciso il cassiere e ha ferito altre cinque persone. Il caso ha voluto che anche uno dei feriti faceva parte del mondo del calcio, il 29enne difensore spagnolo del Monza, Pablo Marì. Anche Tarantino peraltro nella sua carriera ha giocato nel Monza.
«Urlava, urlava e basta», ha raccontato davanti alle telecamere Tarantino che ha appeso gli scarpini al chiodo nel 2006 dopo 203 presenze in Serie A per diventare dirigente sportivo: prima al Pavia, poi nei settori giovanili del Bologna e della Roma, infine un anno da direttore tecnico alla Spal, fino al giugno scorso.
In carriera Tarantino ha giocato come terzino sinistro e all’occorrenza come difensore centrale e può vantarsi di esser stato compagno di squadra di fuoriclasse come Diego Armando Maradona al Napoli, Ronaldo il Fenomeno all’Inter e Roberto Baggio al Bologna. Nato a Palermo, con il padre Bartolomeo (che giocò anche in A con il Venezia) e due dei quattro fratelli maschi calciatori, Massimo Tarantino è cresciuto calcisticamente nella Cosmos del capoluogo siciliano prima di passare al Catania con cui esordì in C1 nella stagione 1987-1988. Gli appassionati ricordano che alla ad una delle partite al Cibali venne a guardarlo Fabio Capello, allora vice di Liedholm al Milan.
Dal 1989 al 1996 ha giocato al Napoli (ma con due prestiti a Monza e Barletta), poi all’Inter, un sogno coronato (da piccolo era tifosissimo nerazzurro) ma per una sola stagione martoriata a causa di un infortunio. Nel novembre del 1997 il passaggio al Bologna, dove ha giocato per 5 stagioni. Gli ultimi anni in carriera sono stati nel Como, nella Triestina e nel Pavia. Ora il suo impegno più grande è per valorizzare i giovani nel calcio italiano: «I nostri settori giovanili sono pieni di talento, soltanto che non riusciamo ad offrirgli un percorso adeguato», ha detto in una recente intervista, «non c'è carenza di talento, ma di percorso formativo e di sviluppo».
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