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Dalla Nigeria alla Sicilia, le drammatiche storie delle schiave del pulito: al lavoro per 12 ore di fila

Scoperto un giro di sfruttamento sul lavoro: cinque arrestati. Ecco le strutture coinvolte nell'inchiesta

Le indagini della polizia

In Italia speravano di trovare un futuro migliore, lasciandosi alle spalle la miseria del loro Paese, ed invece nel nostro Paese sono diventate le «schiave del pulito», secondo un termine della Cgil. «La paga era di 400 euro ai mese. Per quante ore non veniva mai specificato. Lavoravamo 10, 12 ore di fila. E se chiedevamo i nostri diritti e le tutele venivamo cacciate via ed espulse dalla chat di WhatsApp nella quale il datore di lavoro ci diceva ogni mattina dove andare a fare le pulizie».

E’ il racconto di una delle venti ragazze nigeriane, ospiti di Centri d’accoglienza in Sicilia, che hanno deciso di ribellarsi denunciando tutto prima alla commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Trapani e poi agli agenti della squadra mobile di Palermo diretta da Marco Basile. L’indagine, che ruota attorno al Consorzio Diadema, ha portato all’arresto di cinque persone.

«Nel contesto palermitano che rende il fenomeno ancora più grave e odioso è che i lavoratori da sfruttare - si legge nell’ordinanza del gip Annalisa Tesoriere - sono stati individuati tra i migranti ospitati nel centro di accoglienza che proprio per la loro condizioni di stranieri irregolari si trovano in situazioni di particolare vulnerabilità».

Il meccanismo era semplice quanto drammatico per le donne che finivano in questa spirale di sfruttamento. Alberghi, B&B e strutture ricettive cercano in tutti i modi di ridurre i costi. Risparmiare è la parola d’ordine. Meno personale e servizi appaltati all’esterno. E così per le pulizie si affidano ad agenzie interinali e cooperative che offrono prezzi concorrenziali aggirando i contratti nazionali sulle spalle dei lavoratori. Ore e ore di lavoro in più rispetto a quanto pattuito e ai soldi, pochi, consegnati alle lavoratrici.

Le strutture finite nell’inchiesta sono il consorzio Stabie Diadema, e i centri di accoglienza «La mano di Francesco» di Roccamena, a Palermo, «Donne Nuove» di Palermo, Opera Pia Riccobono di San Giuseppe Jato. Gli agenti della squadra mobile hanno arrestato e posto ai domiciliari Francesco Centino, 42 anni, che avrebbe costituito il consorzio Diadema. Luca Fortunato Cardella, 31 anni, presidente della cooperativa Eco Group società consorziata con la Diadema, Kuyode Johnson Newworld Adeteye nato in Kenia, 42 anni, presidente della cooperativa Ecoworld, Monica Torregrossa, 45 anni, responsabile del centro di accoglienza «La Mano di Francesco», di Roccamena, Lamia Tebourbi, nata in Tunisia, 55 anni, responsabile del centro di accoglienza «Donne Nuove» di Palermo.

Chi protestava veniva minacciata

Sono accusati di associazione per delinquere finalizzata all’intermediazione illecita e allo sfruttamento lavorativo, nonché truffa ed estorsione, con l’aggravante di aver commesso il fatto ai danni dello Stato e con l’abuso di relazioni di prestazioni d’opera.
Le storie, tutte molto simili, sono segnate da un ricatto odioso. Chi protestava per i turni massacranti di 10-12 ore al giorno veniva minacciato di essere allontanato dai Centri di accoglienza e di essere espulso dall’Italia. E c’è perfino chi ha lavorato gratis.

«Per una settimana mi faceva dormire su una sedia in una veranda - racconta un uomo assunto come guardiano di un grande albergo a Castelvetrano - Non avevo la possibilità di fare una doccia. Mi lamentavo al telefono con mister Johnsy, che dopo cinque giorni veniva a Castelvetrano, ma la situazione non cambiava. Al termine di tre mesi mister Johnsy mi diceva che il lavoro per me era terminato, senza che mi pagasse. Mi avevano promesso 600 euro al mese...».

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