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Inchiesta di Report sulla strage di Capaci, perquisizione della Dia a casa dell'inviato

Il conduttore di Report Sigfrido Ranucci

Perquisizione della Dia, su mandato della Procura di Caltanissetta, nell'abitazione dell'inviato della trasmissione di Rai 3 Report e nella redazione.

Ne ha dato notizia il conduttore Sigfrido Ranucci attraverso un post su Facebook. "Da parte nostra c'è massima collaborazione. Siamo contenti se abbiamo dato un contributo alla magistratura per esplorare parti oscure" commenta Ranucci spiegando che le perquisizioni sono avvenute nella redazione di Report e nell'abitazione dell'inviato Paolo Mondani. "Il collega - sottolinea il conduttore del programma - aveva già avuto un colloquio con il procuratore. Noi siamo sempre stati collaborativi con la giustizia, pur garantendo il diritto alla riservatezza delle fonti". Ranuncci aggiunge che "il decreto di perquisizione riporta la data del 20 maggio, cioè tre giorni prima della messa in onda del servizio. Non è un atto ostile nei nostri confronti - conclude -. Ovviamente abbiamo messo al corrente l'ufficio legale, l'ad Fuortes e il nostro direttore".

In occasione del trentennale della strage, Report ha dedicato un servizio di Paolo Mondani (che non è indagato) all'inchiesta "La bestia nera" secondo cui emergerebbero documenti e protagonisti dimenticati in grado di gettare una nuova luce su quei fatti. Secondo una delle ipotesi su cui sono in corso verifiche, Stefano Delle Chiaie, il fondatore di Avanguardia nazionale e poi cofondatore dell'organizzazione di destra Ordine Nuovo, scomparso nel 2019, qualche mese prima della strage sarebbe stato presente insieme ad alcuni boss nella zona dello svincolo di Capaci. Se fosse confermato, prenderebbe forza la tesi secondo cui a preparare l'attentato al giudice Falcone siano stati gli ambienti dell’estrema destra eversiva, utilizzando la strategia stragista della mafia agli ordini di Totò Riina.

La nota del procuratore

Sul caso interviene il procuratore di Caltanissetta, Salvatore De Luca, il quale innanzitutto tiene a precisare che l'inchiesta punta a "verificare la genuinità delle fonti" sottolineando che la "perquisizione non riguarda in alcun modo l'attività di informazione svolta dal giornalista, benché la stessa sia presumibilmente susseguente ad una macroscopica fuga di notizie, riguardante gli atti posti in essere da altro ufficio giudiziario".

"Infatti, secondo quanto accertato da questo Ufficio - ricostruisce il procuratore - in una occasione, il giornalista avrebbe incontrato il luogotenente in congedo Giustini non per richiedergli informazioni, ma per fargli consultare la documentazione in suo possesso in modo che lo stesso Giustini fosse preparato per le imminenti sommarie informazioni da rendere a questa Procura. E' necessario verificare la natura di tale documentazione posta in lettura al Giustini - aggiunge il procuratore di Caltanissetta - che presumibilmente costituisce corpo del reato di rivelazione di segreto d'ufficio relativo all'attività di altra autorità requirente. Tale accertamento è tanto più rilevante in considerazione dell'importanza che Giustini attribuisce a tale documentazione, nonché a seguito delle contraddittorie versioni fornite da quest'ultimo in materia di comunicazione nel 1992 delle informazioni da parte dell'Arma all'Autorità Giudiziaria di Palermo".

De Luca interviene anche sul ruolo avuto da Alberto Lo Cicero, informatore della polizia e poi pentito. Secondo quanto racconta a Report l’ex brigadiere Walter Giustini, che di Lo Cicero era il contatto, Lo Cicero avrebbe messo le forze dell’ordine sulla strada giusta per catturare Totò Riina già nel 1991, pochi mesi prima della strage di Capaci e quindi due anni prima del suo arresto. Il procuratore di Caltanissetta però smentisce: "Sono del tutto destituite di fondamento le affermazioni circa la sussistenza di specifiche e tempestive dichiarazioni rese da Alberto Lo Cicero", prima come confidente e poi come collaboratore di giustizia, che avrebbero permesso di "evitare la strage di Capaci ed anticipare di alcuni mesi la cattura di Salvatore Riina".

De Luca ha oggi presentato una nota di due pagine sulle perquisizioni disposte dopo la messa in onda del servizio di Report. "Questa Procura - spiega - ha già espresso il proprio convincimento circa la sussistenza di mandanti e concorrenti esterni nella strage di via D'Amelio, chiedendo nel processo per il depistaggio la condanna degli imputati con la contestata aggravante di mafia, riguardante la finalità di coprire le alleanze di alto livello di cosa nostra in quel periodo. Tuttavia, le difficilissime indagini che possono consentire l'accertamento della verità devono essere ancorate ad elementi di fatto solidi e riscontrati. Per tali motivi questo Ufficio, che si era imposta la rigorosa consegna del silenzio - sottolinea il procuratore De Luca - è costretto ad intervenire per smentire notizie che possano causare disorientamento nella pubblica opinione e profonda ulteriore amarezza nei prossimi congiunti delle vittime delle stragi, che si verrebbe a sommare al tremendo dolore sofferto".

Interviene la Federazione nazionale della stampa

''Le perquisizioni nella redazione di Report e a casa dell'inviato Paolo Mondani ripropongono l'urgenza di approvare norme più efficaci a tutela delle fonti e del segreto professionale dei giornalisti. Più volte la Corte europea dei diritti dell'uomo ha ribadito che gli effetti di ingerenze di questo tipo nell'attività di chi fa informazione equivalgono ad un attacco al diritto dei cittadini ad essere informati, ma in Italia sembra che questo monito nessuno voglia ascoltarlo''. E' quanto si legge in una nota della Fnsi.
''Quanto accaduto questa mattina ai colleghi di Report è inaccettabile perché, nonostante la dichiarata disponibilità a collaborare con gli inquirenti, è stata disposta anche l'acquisizione di copie dei dati presenti su computer e telefoni. La Federazione nazionale della Stampa italiana è al fianco del conduttore Sigfrido Ranucci e di tutta la redazione di Report ed è pronta a sostenere, insieme con l'Usigrai, tutte le iniziative che i colleghi riterranno necessario intraprendere a difesa del proprio lavoro e del diritto di cronaca. L'auspicio è che quanto accaduto possa spronare governo e parlamento a trovare finalmente il modo di intervenire per rafforzare la tutela delle fonti e il segreto professionale, come primo tassello di un sistema di regole che consenta di fermare la rovinosa caduta che l'informazione di questo Paese sta facendo registrare nelle classifiche internazionali sulla libertà di stampa''.

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