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Palermo, si suicida a 25 anni all'Ucciardone. Il Garante: «Era un detenuto a rischio»

Il carcere Ucciardone a Palermo

Tragedia nel carcere Ucciardone a Palermo. Un uomo di 25 anni, detenuto nella casa circondariale del capoluogo siciliano, è stato trovato impiccato nella sua cella. A scoprire il corpo del giovane, nel corso di alcuni controlli, sono stati gli agenti della polizia penitenziaria.

Secondo le prime informazioni, il 25enne per togliersi la vita avrebbe utilizzato un lenzuolo attaccato alle grate della cella. Sono state avviate le indagini per capire i motivi che hanno spinto il detenuto a compiere il tragico gesto. Nelle scorse settimane, all'interno del carcere minorile "Malaspina" di Palermo un detenuto minorenne aveva tentato di togliersi la vita ma era stato salvato da un agente.

«È il nono suicidio del 2022. Faceva parte di quei detenuti cosiddetti “problematici” e “a rischio suicidario” a cui mancava poco per terminare la pena. Misure per il carcere e misure distensive per ridurre il sovraffollamento non sono più rinviabili», scrive su Twitter il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale.

«Circa un anno e mezzo fa l'avvocato che seguiva il ragazzo aveva presentato delle istanze perché venisse seguito proprio per timore che potesse farsi male o addirittura suicidarsi. Oggi la triste notizia». Lo dichiara Eleonora Gazziano, responsabile regionale per i Diritti Umani e civili della Democrazia Cristiana Nuova in Sicilia. «Palermo avrà il garante per i diritti dei detenuti ma la giustizia continua ad essere accanita nel suo stile farraginoso, ed io ho paura che anche questa misura risulti insufficiente. Il sovraffollamento degli istituti penitenziari e la vita o la morte che si produce all’interno è al massimo storico – prosegue -. E nonostante Alessio Scandurra, coordinatore dell’Osservatorio sulle condizioni di detenzione dell’associazione Antigone, ci dice che il tasso di atti di autolesionismo è il più alto degli ultimi due decenni, abbiamo intravisto la luce, nella proposta di Giachetti, nelle interlocuzioni con la Ministra Marta Cartabia e del Dott. Bernardo Petralia (già capo del DAP)».

«Abbiamo legato la nostra speranza alle parole del presidente Mattarella sulla riforma della giustizia – prosegue -. Ma la nostra speranza non ha cambiato il destino di un ragazzo di 25 anni con problemi psichiatrici ‘morto per pena’. Il suicidio di una persona privata della libertà annuncia il fallimento più evidente del ruolo rieducativo dello Stato».

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