Cacciare in Sicilia, secondo le associazioni venatorie, si può, è sufficiente evitare di andare nei terreni bruciati. E in assenza di una mappatura della Regione, circostanza che per gli ambientalisti comporta un blocco delle doppiette, attenersi al «fatto notorio»: se si sa che c’è stato un incendio non andare, se si sa che non c’è stato, allora si può cacciare. È quanto spiega l’avvocato Girolamo Rubino, che assieme al legale Massimiliano Valenza ha rappresentato l’Unaves (Unione associazioni venatorie siciliane) dinanzi al Tar, che ieri ha depositato un’ordinanza di sospensiva parziale del nuovo calendario venatorio. Un provvedimento che viene interpretato in modo diverso da un lato dalle associazioni dei cacciatori e dall’altro dalle organizzazioni di ambientalisti e animalisti che hanno presentato il ricorso contro la Regione (Wwf Italia, Lav, Legambiente Sicilia, Lipu BirdLife Italia, Lndc Animal Protection ed Enpa, difese dagli avvocati Antonella Bonanno e Nicola Giudice).
«Non tutta la Sicilia - argomenta l’avvocato Rubino - è stata oggetto di incendi, i territori colpiti dal fuoco sono ben individuati dalla Protezione civile. Nulla vieta all’assessorato regionale competente di individuare con precisione le zone incendiate e adottare un decreto sulle altre zone esenti. Ma in assenza di questa mappa, si può ugualmente andare nelle zone esenti sulla base del fatto notorio». Parole che provano a fare luce su una vicenda al momento non del tutto chiara, nel silenzio peraltro dell’amministrazione regionale, che da ieri non è ancora intervenuta sulla questione.
«Con ricorso proposto prima innanzi al Tar Catania, poi riassunto dinanzi al Tar Sicilia, sede di Palermo», scrive l’avvocato Rubino in un comunicatop, le associazioni ambientaliste «hanno impugnato il calendario venatorio della Regione per la stagione venatoria 2021/2022. In particolare, le associazioni ambientaliste chiedevano l’annullamento del calendario venatorio nella parte in cui disponeva l’apertura generale della caccia, nonché nella parte in cui disponeva diverse preaperture, ed infine nella parte in cui disponeva l’apertura della caccia al coniglio».
Successivamente, continua nella sua ricostruzione dei fatti l’avvocato, le associazioni ambientaliste «hanno pure proposto motivi aggiunti di ricorso, volti ad ottenere l’annullamento del calendario venatorio e provvedimenti successivi nella parte in cui hanno disposto l’apertura della caccia al coniglio, alla beccaccia, all’alzavola, nonché nella parte in cui ha disciplinato la mobilità dei cacciatori».
Dopo il ricorso si è costituita in giudizio l’Unaves, difesa dagli avvocatiti Rubino e Valenza, nonché altre associazioni (Federazione italiana della caccia, iComitato regionale Anuu, Enalcaccia, difesi dagli avvocati Accursio Gagliano e Accursio Augello, e il Movimento Scelta Etica, difeso dagli avvocati Giacomo Sgobba e Giuseppe Scaglione). «Le associazioni venatorie - continua Rubino - hanno spiegato argomenti finalizzati a dimostrare l’infondatezza delle impugnazioni proposte dalle associazioni di ambientalisti, e ne hanno chiesto il rigetto. Alla camera di consiglio fissata per la trattazione dell’istanza cautelare, svoltasi il 27 ottobre 2021, il Tar ha sostanzialmente respinto tutte le richieste delle associazioni ambientaliste, accogliendo solo quelle relative alla limitazione del prelievo venatorio della tortora selvatica, alla limitazione del prelievo venatorio della specie Beccaccia dal primo al 10 gennaio 2022, ed alla preclusione dell’attività venatoria su terreni direttamente interessati da incendi».
Insomma, secondo i cacciatori, «per tutte le altre specie ed al di fuori dei terreni direttamente colpiti da incendi l’attività venatoria potrà proseguire nei termini già disciplinati dal calendario venatorio».
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