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Canicattì, Settimana della legalità per il beato giudice Livatino

Una veglia, la  funzione religiosa nella chiesa di  San Domenico e l'omaggio alla stele eretta sul luogo dell’agguato hanno dato il via ad un ricco programma di manifestazioni

Una veglia, la  funzione religiosa e l'omaggio alla stele eretta sul luogo dell’agguato, hanno inaugurato  la Settimana della Legalità Giudici Livatino Saetta organizzata dalle associazioni Amici del Giudice Rosario Angelo Livatino e Tecnopolis nel XXXI anniversario dell'assassinio del magistrato di Canicattì, poi proclamato beato.   In chiesa a San Domenico e alla “Stele Livatino” in contrada Gasena c’erano tutti assieme a don Giuseppe Cumbo vicario dell’arcivescovo Alessandro Damiano e a don Giuseppe Livatino, postulatore diocesano. Presente  l’associazione intitolata al giudice beato che ha promosso e sostenuto il processo diocesano. Il presidente della Regione Musumeci ha inviato una corona di fiori ed ha delegato a rappresentarlo l’assessore agrigentino Marco Zambuto.

Fu ucciso il 21 settembre 1990. Il 3 ottobre Rosario Livatino, il Giudice Beato, avrebbe compiuto 38 anni, A bordo della sua Ford Fiesta di colore rosso, da Canicattì dove abitava, si stava recando al tribunale di Agrigento, quando, quel giorno di 31 anni fa, fu avvicinato, braccato e ammazzato senza pietà da un commando mafioso. «Dinanzi all’Eterno non ci sarà chiesto se siamo stati credenti, ma se siamo stati credibili», affermò in una occasione, parole che descrivono una vita. Ripensando alla figura del magistrato siciliano, Papa Francesco ribadì che resta un esempio «non soltanto per i magistrati, ma per tutti coloro che operano nel campo del diritto: per la coerenza tra la sua fede e il suo impegno di lavoro, e per l’attualità delle sue riflessioni».

Nel giorno in cui ricorre il trentunesimo anniversario dell’uccisione del giudice divenuto beato, Rosario Livatino, alla Camera dei deputati è stato presentato il libro autobiografico del testimone dell’agguato avvenuto il 21 settembre 1990 sulla statale che da Canicattì portava ad Agrigento. "Io sono nessuno» è la storia di Piero Nava, primo testimone di giustizia contro la mafia, che ha avuto il coraggio di denunciare quello a cui per puro caso aveva assistito. Nava, originario del lecchese, si trovava in Sicilia per lavoro come rappresentante di commercio per una serie di appuntamenti con i clienti. "Dopo l’omicidio di Livatino andai da Giovanni Falcone per riferirgli della realtà criminale sulla quale stava indagando e che avevo avuto modo di apprendere attraverso i lavori della commissione Antimafia - ha detto Piero Grasso, oggi senatore di Leu, - quando arrivò la noitizia che c'era un testimone oculare ci sorprendemmo. Falcone, come anche io, non eravamo abituti ad avere testimoni oculari e ci chiedevamo se non si trattasse addirittura di un depistaggio. Mettetevi al posto di un inquirente che si trova davanti ad un testimone che viaggiava in auto a 70 chilometri orari, con una ruota sgonfia e riesce ad osservare tanti particolari».

Il centro studi Livatino, ha inoltre pubblicato tutti gli interventi provvedimenti redatti nell’ultimo anno di vita, quello trascorso da giudicante. Per ricordare il magistrato, ha anche reso pubblico il discorso che ha tenuto il 12 settembre 1983, in occasione dei funerali di Elio Cucchiara, sostituto procuratore ad Agrigento. E’ il terzo degli interventi da lui pronunciati in pubblico, venuto fuori di recente. Nel testo un Livatino appena trentenne, nel celebrare un giudice più anziano, cui era legato dal punto di vita professionale e umano, rivela se stesso, e il modo in cui interpreta la vocazione di magistrato. Sono di attuale e profondo insegnamento i richiami all’umiltà, quale elemento indispensabile per chi indossa la toga, e alla dedizione al lavoro, che giunge fino a compenetrarsi nei drammi umani quotidiani con i quali ci si imbatte. Emerge la «differenza sottile e abissale a un tempo che corre tra l’essere semplicemente operatori del diritto e l’essere Operatori di Giustizia": solo la seconda opzione permette di contrastare la «tentazione di abusare del potere - invero grande - che la legge affida alle nostre mani».

Infine,  con una serata dedicata alla ricerca di verità, giustizia e consapevolezza,  a Canicattì ha preso il via anche   la seconda edizione del Festival della Legalità – Collegamenti. “E’ con ‘Sìmu e puarcu’, uno spettacolo molto crudo, di fortissimo impatto artistico che si apre il Festival – ha spiegato il direttore artistico Simone Luglio - . E’ una storia vera, raccontata a tutto il mondo: dall’Argentina all’Italia dall’autore internazionale Angelo Colosimo. Una storia nera, densa di misteri, che Colosimo trasforma metaforicamente con la voce di un macellaio che sta scannando un porco, uno spettacolo pluripremiato, viscerale e agghiacciante, ma che siamo pronti a vedere”. E’, dunque, con una storia vera risalente al 2003, ma anche con la disamina della professione giornalistica, con la musica di Peppe Lana e la proiezione del video “Libertà”, che si apre la seconda edizione del Festival. E fra workshop, incontri, prosa, teatro e musica si andrà avanti fino a sabato 25, data in cui venne ucciso, sempre sulla statale 640, il giudice Antonino Saetta con il figlio Stefano.

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