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Variante Delta, in Italia è al 16%: "Una sola dose di vaccino non basta"

La variante Delta rischia di diventare un incubo. E adesso anche il presidente del Consiglio Superiore di Sanità, Franco Locatelli lancia l'allarme: «La variante Delta solleva preoccupazione per la maggior contagiosità», ha detto su Sky tg 24.

"E' così importante proseguire con la campagna vaccinale - ha aggiunto - una dose sola non copre adeguatamente, va completato il ciclo vaccinale per la protezione da patologia grave e ancor di più per il rischio letale».

Intanto, aumentano le segnalazioni sul territorio nazionale di casi associati a varianti Kappa e Delta, in particolare di focolai dovuti alla variante Delta. Lo si legge nella circolare di oggi del ministero della Salute con l'aggiornamento della classificazione delle nuove varianti Sars-CoV-2 che raccomanda di rafforzare il tracciamento. La variante Delta è del 40-60 per cento più trasmissibile rispetto alla Alpha (Β.1.1.7) e può essere associata a un rischio più alto di ricoveri.

La circolare raccomanda di "continuare a monitorare con grande attenzione la circolazione delle varianti del virus SARS-CoV-2, applicare tempestivamente e scrupolosamente sia le misure di contenimento della trasmissione previste, che le misure di isolamento e quarantena in caso di VOC Delta sospetta o confermata".

Il documento spiega inoltre: "Vi sono evidenze che quanti hanno ricevuto solo la prima dose di una vaccinazione che prevede la somministrazione di due dosi per il completamento del ciclo vaccinale, sono meno protetti contro l'infezione con la variante Delta rispetto all'infezione da altre varianti, indipendentemente dal tipo di vaccino somministrato. Il completamento del ciclo vaccinale fornisce invece una protezione contro la variante Delta quasi equivalente a quella osservata contro la variante Alpha".

I numeri sulla diffusione saranno disponibili lunedì prossimo ma l'Iss già anticipa i dati. In Italia la variante Delta è in aumento con una percentuale del 16,8%, mentre la più diffusa rimane ancora la variante alfa al 74,92%. Tuttavia, sebbene i dati di giugno non siano ancora consolidati, dalle prime segnalazioni di sequenziamenti, si segnala un aumento, in percentuale, dei casi di variante Kappa e Delta, la cosiddetta "indiana" e un suo sottotipo, che passano dal 4,2% nel mese di maggio, al 16,8% del mese di giugno (dati estratti al 21 del mese).

In caso di individuazione di cluster di variante Delta non è escluso possano essere ripristinate delle zone rosse. L'ipotesi è avanzata dallo stesso coordinatore del Cts che sottolinea la necessità di un più ampio sequenziamento e tracciamento.
"Dobbiamo lavorare nella maniera più intensiva sul tracciamento e sul sequenziamento, perché solo in questo modo riusciamo ad intercettare segnali di diffusione della variante indiana" ha spiegato sottolineando che l'Italia sta sequenziando "nella media europea". Ma, ha aggiunto, se si aumenta il sequenziamento, "ci sono poi delle decisioni che devono seguire per cercare di contenere il tutto, altrimenti diventa un esercizio inutile".

Quindi vanno fatte delle zone rosse? "Se necessario - ha risposto - vanno create delle zone per fermare i cluster, come ad esempio è successo in Umbria quando si è verificata la diffusione della variante brasiliana".

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