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Corruzione, processo "Sorella Sanità": chieste condanne fino a 10 anni

Antonio Candela

Condanne per tutti gli imputati del processo Sorella sanità. È quanto richiesto dalla procura di Palermo, durante il rito abbreviato davanti al gup del tribunale. Pesanti le proposte avanzate dal pm Giacomo Brandini, che rappresenta l’accusa assieme al collega Giovanni Antoci e al procuratore aggiunto Sergio Demontis.

I magistrati ipotizzano un giro di corruzione e di tangenti collegate agli appalti per la sanità e alle forniture di materiali e servizi agli ospedali siciliani, gestiti dalla Cuc, Centrale unica di committenza, presieduta fino al 2019 da Fabio Damiani: qualcosa come oltre 600 milioni di euro complessivi. Per l’ex direttore generale dell’Asp 6 di Palermo, Antonio Candela, l’accusa chiede 10 anni, quanto viene proposto anche per il faccendiere a lui vicino, Giuseppe Taibbi.

L’altro faccendiere, Salvatore Manganaro, che ha fatto ammissioni e consentito di allargare l’indagine, è oggetto di una richiesta di 4 anni e 2 mesi; per il manager a lui vicino, Damiani, ex direttore generale dell’Asp di Trapani, vengono chiesti 9 anni e 4 mesi. Anche Damiani ha reso ammissioni, considerate però molto parziali. Condanne pesanti vengono proposte pure per gli imprenditori e amministratori di aziende, coinvolti nell’inchiesta del nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza: Roberto Satta 8 anni, Angelo Montisanti 5 anni e 4 mesi, Francesco Zanzi 9 anni e 4 mesi, Salvatore Navarra 7 anni e 4 mesi. Le imprese di riferimento sono Pfe, Tecnologie sanitarie e Siram.

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