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Giulio Regeni, chiesto il processo per gli 007 egiziani accusati dell'omicidio

Giulio Regeni

Quattro 007 egiziani rischiano il processo per il rapimento e la morte di Giulio Regeni, il 28enne ricercatore di origine friulana scomparso il 25 gennaio del 2016 al Cairo e trovato senza vita il 3 febbraio lungo la strada che collega la capitale ad Alessandria.

Il procuratore Michele Prestipino e il pm Sergio Colaiocco hanno firmato la richiesta di rinvio a giudizio contestando, a vario titolo, il sequestro di persona pluriaggravato, e il concorso in lesioni personali (il reato di tortura è stato introdotto solo nel 2017) e in omicidio. Per un quinto agente i pm avevano già chiesto l’archiviazione.

A rischiare il processo sono il generale Tariq Sabir, i colonnelli Athar Kamel Mohamed Ibrahim e Uhsam Helmi, e il maggiore Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. A quest’ultimo, oltre al sequestro di persona pluriaggravato, sono contestate anche le lesioni personali e l’omicidio del ricercatore friulano. Regeni, secondo la procura, è morto per insufficienza respiratoria acuta proprio a causa delle imponenti lesioni di natura traumatica provocate dalle percosse da parte di Sharif.

L’archiviazione, invece, era stata sollecitata per l’ufficiale Mahmoud Najem, nei cui confronti «non sono stati trovati elementi sufficienti, allo stato, a sostenere l’accusa in giudizio». Il ruolo dell’Intelligence egiziana in questa vicenda era stato ricostruito minuziosamente dai carabinieri del Ros e dei poliziotti dello Sco.

Il 10 dicembre scorso, la procura aveva chiuso le indagini, notificando l’atto agli avvocati d’ufficio italiani, non essendo mai pervenuta l’elezione di domicilio degli indagati dalle autorità del Cairo. E poiché non sono intervenuti «fatti nuovi» dopo la notifica dell’avviso di conclusione dell’inchiesta, i magistrati hanno depositato la richiesta di processo negli uffici del gup.

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