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Mafia, processo "Capaci bis": confermati gli ergastoli per 4 boss, un assolto

La strage di Capaci

Quattro ergastoli e un’assoluzione per non aver commesso il fatto. Si è concluso con la conferma della condanna di primo grado, il processo, celebrato davanti la Corte d’Assise d’Appello di Caltanissetta, nei confronti di cinque imputati accusati di aver ricoperto un ruolo nella strage di Capaci, in cui morirono il giudice Giovanni Falcone e tre agenti della scorta.

Ergastolo per i boss Salvo Madonia, Giorgio Pizzo, Cosimo Lo Nigro e Lorenzo Tinnirello. Assolto Vittorio Tutino. L’accusa, sostenuta dal procuratore generale Lia Sava e dai sostituti procuratori generali Antonino Patti e Carlo Lenzi, aveva chiesto la condanna all’ergastolo per tutti gli imputati.

La sentenza è stata emessa dopo cinque ore di camera di consiglio dalla corte presieduta da Andreina Occhipinti.

«Leggeremo le motivazioni della sentenza e con riguardo alla posizione di Vittorio Tutino valuteremo se ci sono spazi per il ricorso in Cassazione». Lo ha detto il procuratore generale Lia Sava dopo la sentenza del processo sulla strage di Capaci che ha confermato, così come in primo grado, l’assoluzione per il boss Vittorio Tutino. «Noi avevamo chiesto l’ergastolo - ha continuato il Pg - perché secondo la nostra impostazione c'erano elementi per ritenerlo colpevole. Per il resto è stata confermata la sentenza di primo grado integralmente. Abbiamo detto più volte sia nel corso di questa requisitoria, sia nel corso della precedente, le indagini sulle stragi non si fermano e quindi sia la procura di Caltanissetta, la direzione distrettuale antimafia, sotto il coordinamento della Direzione Nazionale Antimafia, continuano a indagare. E’ chiaro che poi i processi arrivano quando maturano degli elementi di prova che possono consentire di sostenere l'accusa in giudizio».

«Ormai dopo 28 anni - ha concluso Sava - speriamo che si possano legare insieme tutta una serie di elementi e si possano fare i passi necessari per cercare di dipanare quelle che possono essere - e ci sono ancora - le zone d’ombra. Aspettiamo la sentenza con riferimento al coinvolgimento di Matteo Messina Denaro nelle stragi di Capaci e via D’Amelio, si sta concludendo in primo grado il processo sul depistaggio, le indagini continuano».

«La sentenza della Corte d’assise d’appello di Caltanissetta conferma il grande impegno della Procura e della Procura generale che sono riuscite a scrivere i capitoli finora rimasti oscuri dell’attentato, individuando la responsabilità dei capimafia che erano riusciti a sfuggire alle indagini». Lo ha detto la professoressa Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone, ucciso a Capaci 28 anni fa insieme alla moglie Francesca Morvillo e agli agenti della scorta, commentando la sentenza della corte d’assise d’appello di Caltanissetta che ha condannato all’ergastolo 4 boss accusati della strage. «Il prezioso lavoro dei magistrati di Caltanissetta che non hanno mai smesso di cercare la verità sugli eccidi del '92- ha aggiunto - ci consegna finalmente un quadro più nitido di quanto avvenne quel tragico 23 maggio di 28 anni fa». «L'auspicio ora - ha concluso - è che si arrivi in tempi celeri alla conclusione dell’ultima tranche aperta del processo che vede imputato il boss latitante Matteo Messina Denaro».

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