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Giochi e crisi per il coronavirus: ecco come nel 2020 la mafia allarga i propri affari

I giochi e la crisi legata al coronavirus. Sono i due ambiti nei quali scommette la mafia, nei quali nel 2020 prova a fare affari. La "paralisi economica" provocata dalla pandemia, in particolare, può aprire alle mafie "prospettive di arricchimento ed espansione paragonabili a ritmi di crescita che può offrire solo un contesto post-bellico". L'allarme è contenuto nella Relazione semestrale della Dia inviata al Parlamento nella quale un intero capitolo è dedicato proprio all'emergenza Covid.

CORONAVIRUS. Il rischio, aggiungono gli analisti, è che le mafie allarghino il loro ruolo di "player affidabili ed efficaci" a livello globale, mettendo le mani anche su aziende di medie e grandi dimensioni in crisi di liquidità.

Lo shock provocato dal virus - dicono gli analisti della Direzione investigativa antimafia nella Relazione che è riferita al secondo semestre del 2019 ma che ha un focus dedicato proprio alle conseguenze dell'emergenza sul fronte delle possibili infiltrazioni della criminalità organizzata nell'economia legale - ha avuto un impatto diretto su un sistema economico già in difficoltà e ha ridotto ulteriormente le disponibilità di liquidità finanziaria. Una situazione che potrebbe "finire per compromettere l'azione di contenimento sociale che lo Stato, attraverso i propri presidi di assistenza, prevenzione e repressione ha finora, anche se a fatica, garantito", generando problemi di ordine pubblico.
E' in questo contesto che si inseriscono le mafie. Da un lato le organizzazioni si fanno infatti carico di fornire un "welfare alternativo" a quello dello Stato, un "valido e utile mezzo di sostentamento e punto di riferimento sociale"; dall'altro lavorano per "esacerbare gli animi" in quelle fasce di popolazione che cominciano "a percepire lo stato di povertà a cui stanno andando incontro".

Secondo gli investigatori si prospettano dunque due scenari: uno di breve periodo, in cui le organizzazioni punteranno "a consolidare il proprio consenso sociale attraverso forme di assistenzialismo, anche con l'elargizione di prestiti di denaro, da capitalizzare" alle prime elezioni possibili, e uno di medio-lungo periodo, in cui le mafie, e la 'Ndrangheta in particolare, "vorranno ancora più stressare il loro ruolo di player affidabili ed efficaci anche su scala globale".
Con l'intera economia internazionale che avrà un disperato bisogno di liquidità, è il ragionamento, le cosche andranno a confrontarsi con i mercati bisognosi di iniezioni finanziarie: "Non è improbabile - avverte la Dia - che aziende di medie e grandi dimensioni possano essere indotte a sfruttare la generale situazione di difficoltà per estromettere altri antagonisti al momento meno competitivi, facendo leva su capitali mafiosi". E non è improbabile che "altre aziende in difficoltà ricorreranno ai finanziamenti delle cosche", senza sottovalutare il fatto che la semplificazione delle procedure di appalto "potrebbe favorire l'infiltrazione delle mafie negli apparati amministrativi".

GIOCHI. "Nel 'paniere' degli investimenti criminali, il gioco rappresenta uno strumento formidabile, prestandosi agevolmente al riciclaggio e garantendo alta redditività: dopo i traffici di stupefacenti è probabilmente il settore che assicura il più elevato ritorno dell'investimento iniziale, a fronte di una minore esposizione al rischio".

Il settore, rileva la Dia, crea un reticolo di controllo del territorio, senza destare allarme sociale, come nel caso dello spaccio di droga. La disseminazione dei punti di raccolta scommesse è paragonabile alla rete di pusher di una piazza di spaccio, con l'evidente differenza che i primi raccolgono denaro virtuale - senza destare clamore - immediatamente canalizzato all'estero e quindi più facile da riciclare; i secondi raccolgono somme minime, con forte esposizione all'azione di Polizia. Somme che per essere riciclate nei circuiti legali, comportano costi notevoli.

ENTI SCIOLTI PER MAFIA. Ad oggi ci sono 51 Enti locali sciolti per infiltrazioni mafiose, un numero che non è mai stato così alto dal 1991, anno di introduzione della normativa sullo scioglimento per mafia degli enti locali. Il dato è contenuto nella Relazione semestrale della Dia al Parlamento. Nel 2019, dice la Direzione investigativa antimafia, sono stati sciolti 20 consigli comunali e 2 Aziende sanitarie provinciali, che si sono aggiungi alle 29 amministrazioni ancora in fase di commissariamento. Dei 51 Enti, 25 sono in Calabria, 12 in Sicilia, 8 in Puglia, 5 in Campania e uno in Basilicata.

L'infiltrazione negli Enti locali, dicono gli analisti, "si conferma come irrinunciabile" per le organizzazioni criminali: perché attraverso i funzionari pubblici le cosche riescono a mettere le mani sulle risorse della pubblica amministrazione e perché consente loro di rendersi "irriconoscibili, di mimetizzare la loro natura mafiosa riuscendo addirittura a farsi 'apprezzare' per affidabilità imprenditoriale". Ed è quest'ultima la "leva" che, soprattutto nelle regioni del Nord, attrae decine di professionisti e imprenditori che si "propongono alle cosche".
Ai 51 Enti Locali già indicati nella Relazione nei primi mesi del 2020 se ne sono aggiunti altri 6 tra cui quello di Saint Pierre in Valle d'Aosta,il primo in assoluto in questa regione.

 

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