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Mafia, il pm Paci: "Messina Denaro per Riina era come un figlio"

L'identikit di Matteo Messina Denaro

"Matteo Messina Denaro è uno che brucia le tappe perché nel corso degli anni '80 si dimostra un cavallo di razza. Commette decine di omicidi, anche eccellenti. Diciamo che sotto il profilo della capacità non c'è proprio da discutere. Un fedele di Totò Riina fin dagli anni '80". Lo ha detto il pm Gabriele Paci nel corso della requisitoria per il processo a Matteo Messina Denaro, accusato di essere uno dei mandanti degli attentati di Capaci e Via D'Amelio, che si celebra davanti alla Corte d'Assise di Caltanissetta.

"Della vicinanza di Matteo Messina Denaro a Riina - ha aggiunto il Pm - non hanno parlato solo i collaboratori di giustizia ma ne parla lo stesso Riina in carcere come di uno che era la luce dei suoi occhi. Il padre lo aveva messo nelle sue mani. 'E io l'ho fatto buono', diceva ricordando questo mafioso che gli era cresciuto sulle ginocchia. Ne parla come un padre affettuoso, ma all'improvviso esplode la rabbia perché questo giovanotto che lui aveva cresciuto aveva tradito i suoi insegnamenti e così anziché mettere bombe cominciò a fare affari".

"Intorno alla latitanza dell’imputato Messina Denaro si è costruita la figura di un mafioso che fa affari, che veste Armani, che fa pali della luce come dice Totò Riina nel carcere di Opera a Milano, uno di quella mafia che ha scelto la strategia della sommersione", ha proseguito Paci durante la requisitoria.

"Il processo invece ci restituisce una figura diversa dell’imputato: di un carnefice sanguinario che ha ucciso persone innocenti e bambini, uno stragista. Sono due parti della stessa figura - ha continuato - nel '92 aveva appena trent'anni quando Cosa nostra sferrò il suo attacco micidiale allo Stato, come risposta alle condanne del Maxiprocesso".

"Se Messina Denaro non avesse avallato la strategia stragista di Riina, decidendo di non mettersi contro lo Stato, Riina cosa avrebbe fatto", ha aggiunto Paci.

"Intanto - ha continuato - non avrebbe potuto contare sui trapanesi e non avrebbe potuto trascorrere parte della latitanza a Mazara del Vallo e Castelvetrano. Quindi il discorso del consenso dei trapanesi, nella persona di Matteo Messina Denaro, è un consenso fondamentale. Riina non avrebbe mai potuto ordinare quello che ha fatto senza di loro. Se tutti non gli fossero andati dietro lui non avrebbe potuto fare la guerra allo Stato, e quello che la sua mente diabolica aveva già elaborato".

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