La Sicilia nella sua battaglia al Coronavirus, aspettando le risposte da Roma invocate ieri dal presidente Nello Musumeci, sembra affidarsi ai tamponi. Una strategia chiara e mirata, che era stata annunciata nei giorni scorsi dall'assessore regionale alla Sanità Ruggero Razza, per individuare e circoscrivere il più possibile i focolai del virus.
Seguendo, se così possiamo dire, l'esempio del Veneto e anche del Lazio. La Regione del governatore Zaia era partita, in questa tragica epidemia di Covid 19, praticamente alla pari con la Lombardia per numero di casi e di vittime. Un mese dopo, i casi in Veneto sono 6935 con 287 morti, mentre in Lombardia i casi in totale sono ad oggi poco più di 35000 con la spaventosa cifra di 4861 vittime. I tamponi effettuati? Più di 87 mila in Lombardia, 80 mila in Veneto. In quest'ultima regione, però la metodologia dell'esame è stata molto, molto diversa.
Razza, in una diretta Facebook qualche giorno fa, aveva chiarito che più tamponi inevitabilmente significa e significherà anche un aumento del numero di positivi, ma questo, come vedremo poi, non deve sempre allarmare. Ovviamente si spera sempre in aumenti contenuti e che la curva non esploda, o quantomeno tenerla sotto controllo. Ci sono state anche polemiche per la presunta lentezza dell'arrivo dei tamponi, ma ora almeno quest'ultimo problema dovrebbe essere risolto.
Infatti, per questa strategia e per ovviare ai disagi, da oggi saranno complessivamente venti i laboratori siciliani destinati all’emergenza coronavirus. Ai dodici già operativi in tutto il territorio regionale se ne aggiungono, infatti, altri otto (pubblici e privati) che saranno chiamati a effettuare le analisi sui tamponi.
Quelli privati sono stati selezionati da una commissione sulla base dell’avviso pubblico dell’assessorato regionale della Salute e rispondono ai criteri previsti dalle disposizioni dell’Istituto superiore di sanità. Altre strutture sono in corso di autorizzazione. Tra i "nuovi" laboratori pubblici quelli dell’Istituto zooprofilattico a Palermo e dell’ospedale San Giovanni di Dio ad Agrigento. Ma, nel capoluogo, ci sono anche l’Ismett e il Buccheri La Ferla.
Altre strutture autorizzate sono state individuate in provincia di Catania e Siracusa. La misura rientra nell’ambito delle azioni di prevenzione e contrasto stabilite dal governo regionale. In particolare, l’ordinanza del presidente della Regione Nello Musumeci dello scorso 20 marzo ha previsto la realizzazione dei tamponi rinofaringei per il personale sanitario, per coloro che sono sottoposti alla quarantena obbligatoria perchè rientrati in Sicilia e per i positivi al Coronavirus in isolamento domiciliare. I laboratori pubblici già autorizzati e operativi sono a: Caltanissetta, Catania, Barcellona Pozzo di Gotto, Messina, Palermo, Ragusa, Siracusa e Marsala.
Ma i numeri dei tamponi in realtà è già aumentato da un pò: in 20 giorni ne erano stati fatti 3294 (media di 150 circa al giorno), per poi accelerare arrivando a 500 in media per poi arrivare a ben 1400 segnalati ieri nel quotidiano report della Regione. Considerando il numero di casi è un qualcosa di enorme, visto ad esempio che per stessa ammissione del governatore Fontana la stessa Lombardia non può farne più di 4000-5000 al giorno, e lì sappiamo purtroppo che la situazione è (almeno per ora) ben diversa che al sud.
Questo vuol dire che sono aumentate le persone con sintomatologia, ovvero coloro ai quali, secondo le linee guida dell'Oms, dovrebbero essere effettuati i tamponi? Si, ma non solo.
Se si leggono i numeri, la Sicilia è la Regione del sud, la nona in assoluto Italia, che ha effettuato più tamponi: 9658. Per rendere idea: le Marche, uno dei luoghi purtroppo più martoriati dall'epidemia con 3114 casi e oltre 300 morti, ne ha fatti 8500 circa.
La cosa che fa capire più che altro che la Sicilia stia seguendo un pò il "modello Veneto" è la percentuale tra i tamponi effettuati e i soggetti risultati positivi: il 12,05%, tra le più basse in assoluto. Prima dell'Isola, ci sono solo la Calabria (6% circa) Veneto (8%) e Lazio (9%). La Lombardia, per fare un esempio, ha una spaventosa percentuale del 39%.
La Calabria, però, ha fatto circa 5000 tamponi, dunque quasi la metà della Sicilia, mentre il Veneto di tamponi ne ha fatti come detto qualcosa come 79mila, il Lazio poco più di 22mila. Cosa vuol dire, dunque? Che nell'Isola i tamponi non si fanno solo ai sintomatici ma se ne fanno molti anche ai casi vicini ai sintomatici e che potrebbero essere stati contagiati. Questo perchè, visti gli ultimi focali nella Regione (Villafrati, Salemi, Agira, Sciacca), serviva "circoscriverli" facendo degli esami.
La Sicilia in questo momento ha 1164 casi positivi, che significa lo 0,023% della popolazione contagiata, anche qui una delle percentuali più basse in assoluto. Di questi casi positivi, almeno un terzo si devono, come detto, a situazione esplose purtroppo nei luoghi più "deboli" del sistema, come case di riposo o ospedali, anche per mancanza di protezioni adeguate qualche volta, come ha sottolineato Musumeci.
Un lato negativo è che la Sicilia è anche una delle Regioni dove la percentuale di crescita dei casi è più alta: ieri era poco più del 17%, una delle peggiori in Italia, "battuta" da Basilicata e Molise dove fino ad ora i casi sono irrisori e dove non si può certo paragonare all'Isola come popolazione. Ed è proprio per far scendere o stabilizzare questa curva di contagi che è fondamentale individuare più positivi il più in fretta e nel maggior numero possibile. Anche vero, però, come dicono gli esperti, che valutare la percentuale con dei numeri (ancora e per fortuna) relativamente bassi è utile ai fini epidemiologici ma non dà un reale valore della situazione attuale.
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