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Coronavirus, si allunga l'isolamento degli italiani rimpatriati: così si vive in quarantena

Si allunga il periodo di quarantena per gli italiani rientrati da Wuhan che si trovano alla Cecchignola dopo che uno di loro, un ricercatore della provincia di Reggio Emilia, è risultato positivo al test del virus 2019-nCoV. Il periodo di sorveglianza sanitaria cominciato il 3 febbraio, dall’arrivo a Pratica di Mare, continuerà per altri 14 giorni a partire da ieri.

Dopo l’iniziale gioia per essere rientrati in Italia, l’umore nelle ultime ore non è dei migliori. "Momenti di agitazione" ieri sera quando è stato comunicato che il giovane trasferito allo Spallanzani è risultato positivo al nuovo coronavirus. Le acque si sono calmate poco dopo quando è stato spiegato che per loro il rischio di contagio è «bassissimo», ha raccontato una fonte vicina a una delle 55 persone in isolamento. Tra le persone in osservazione ci sono anche due siciliani.

Insomma dopo lo choc iniziale nell’apprendere che uno di loro è infetto, «il clima è tornato più tranquillo». «Ora tra gli isolati a prevalere è soprattutto «la noia, perché le giornate sono davvero lunghe». E lo scoramento per i tempi che si allungano: spazi comuni deserti e persone rintanate nelle camere, se non per il tempo necessario a ritirare i pasti. Ma c'è anche rabbia perché alcune notizie non sono state comunicate tempestivamente: «Veniamo informati con troppo ritardo dai medici e le notizie ci arrivano guardando i siti online sui cellulari e alla tv. È chiaro che questo crea preoccupazione in noi e spaventa i nostri familiari - spiegano alcuni dei reclusi - abbiamo appreso del prolungamento della quarantena dal bollettino dello Spallanzani in diretta tv».

A volte qualche bimbo, tra quelli che patiscono di più la permanenza nelle stanze, esce a giocare ma in generale i luoghi comuni sono poco frequentati soprattutto da ieri. «C'è un po' di preoccupazione  - dicono - ma a chi potremmo mai dare la colpa per questo? L'unica cosa che non vogliamo è che non ci siano ripercussioni una volta fuori da qui. Sperando di uscire presto». Le precauzioni comunque vengono messe in atto secondo tutti i protocolli internazionali. Per fare un esempio, quando escono dalle proprie stanze, i 55 indossano tutti gli strumenti protettivi previsti.

Intanto bisogna ricordare che prima di essere imbarcati sull'aereo per l’Italia il 2 febbraio, i 56 connazionali erano stati sottoposti al controllo della temperatura, come previsto dalle linee guida internazionali dell’Oms, ma non al tampone faringeo.

Quest’ultimo esame è stato eseguito sui 56 non appena arrivati in Italia. Nessun periodo di osservazione o isolamento invece per l’equipaggio del volo che ha riportato in Italia gli italiani. A bordo c'erano 11 membri tra medici, infermieri e personale, incluso il viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri, che viaggiavano in aree separate ed erano dotati di dispositivi di protezione: tute complete, mascherine, calzari, cappello e occhiali, mantenuti per tutta la durata del viaggio e sottoposti a decontaminazione all’arrivo.

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