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Mafia dei Nebrodi, i boss intercettati: "Cinque colpi per Antoci"

Giuseppe Antoci

La mafia voleva uccidere l’ex presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci e ciò emerge in maniera inequivocabile in "una annotazione del 2016 dei Ros che svela le parole che sarebbero state pronunciate, in quell'anno, da noti pluripregiudicati, già coinvolti in più operazioni di servizio per associazione a delinquere di stampo mafioso".

La frase inequivocabile è: "Ci vorrebbero cinque colpi per farla finita definitivamente". A renderlo noto lo stesso Antoci. Minacce rivolte proprio a lui, sottolinea il presidente onorario della Fondazione nazionale Caponnetto, e al dirigente del commissariato di Polizia di Sant'Agata di Militello, Daniele Manganaro. I carabinieri riferiscono "di una situazione di tensioni in ambienti criminale".

"Apprendo dell’annotazione dei Ros - commenta Antoci - che non fa altro che confermare il clima di odio che si respirava per la creazione del protocollo di Legalità che, come ha anche ben dimostrato l’operazione della Dda di Messina, dei Ros e della Guardia di finanza, ha stroncato gli affari milionari della mafia. Il loro rancore è per me una medaglia, oggi più che mai. I fondi europei per l’agricoltura adesso vadano agli agricoltori e allevatori perbene che sono la stragrande maggioranza in questo Paese ed è per loro e per la loro dignità che abbiamo lavorato con passione".

Nei giorni scorsi era scattata la maxi operazione "Nebrodi", nel Messinese, con l’arresto di 94 persone, tra boss, gregari e colletti bianchi.

Proprio nel 2016, per come si evince nell’annotazione dei carabinieri, uno degli intercettati, nel dialogo con altri complici, "lamentando la gravità della contingente situazione... ne evidenziava la valenza dannosa ed il pericolo di rovina per tutti loro, caratterizzata da una restrizione nell’accesso ai contributi e dall’incremento dei controlli. Ci vorrebbero cinque colpi per farla finita definitivamente con tutto questo gruppo di Antoci, Manganaro e gli altri".

L’annotazione, contenente la nota di servizio, precisa ancora la valenza criminale dell’interlocutore che, "come risulta agli atti di questo ufficio, la tracotanza manifestata deriva da incrementati contati fra il pregiudicato e la criminalità organizzata di Tortorici (Messina), in seno alla quale beneficia di uno speciale rapporto fiduciario con Bontempo Sebastiano inteso 'il Guappo', da poco scarcerato e figura di primo piano di quella consorteria criminale nebroidea. Dall’esame degli atti documentali - dicono i carabinieri sul soggetto - veniva ritenuto organico al clan Galati Giordano le informazioni di cui si dispone lo vedono ora vicino al gruppo Tortoriciano dei Batanesi".

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