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Ergastolo ostativo, norma alla Corte costituzionale dopo il no di Strasburgo

Dopo la 'bocciatura' arrivata dai giudici di Strasburgo, le norme sull'ergastolo ostativo arrivano, ancora una volta, al vaglio della Corte Costituzionale. Martedì prossimo, a Palazzo della Consulta, in udienza pubblica, la Corte tornerà ad affrontare il tema - in passato risolto dichiarando la conformità della legge ai principi costituzionali - alla luce delle questioni sollevate, stavolta, dalla Cassazione e dal tribunale di sorveglianza di Perugia.

Sotto la lente dei 'giudici delle leggi', l’articolo 4-bis dell’ordinamento penitenziario, che esclude, per chi è stato condannato all’ergastolo per delitti di stampo mafioso e non ha intrapreso un percorso di collaborazione con la giustizia, la fruizione di benefici, quali, ad esempio, i permessi premio.

La Cassazione, nell’ambito del ricorso presentato da Sebastiano Cannizzaro - condannato al carcere a vita per associazione mafiosa, omicidio, soppressione di cadavere, porto e detenzione illegale di armi - ha sollevato la questione di legittimità in riferimento agli articoli 3 e 27 della Costituzione, denunciando l’«irragionevolezza» della norma in esame, perchè assimilerebbe condotte delittuose diverse tra loro, equiparando gli affiliati all’associazione mafiosa agli estranei responsabili soltanto di delitti comuni, aggravati dal metodo mafioso o dall’agevolazione mafiosa.

Inoltre, il divieto di accedere a benefici penitenziari in mancanza della scelta collaborativa, senza consentire al giudice una valutazione in concreto della situazione del detenuto, sarebbe in contrasto, secondo la Suprema Corte, con la finalità rieducativa della pena, non tenendo conto della diversità strutturale, rispetto alle misure alternative, del permesso premio che è volto ad agevolare il reinserimento sociale del condannato attraverso contatti episodici con l’ambiente esterno.

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