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Migranti: rischio emergenza sanitaria sulla Mare Jonio, ma resta lo stop

C'è il rischio di «emergenza igienico-sanitaria» a bordo della Mare Jonio: «fateci entrare in porto», chiedono dalla nave di Mediterranea saving humans. Ma il via libera non c'è: è sempre in vigore il divieto di sbarco firmato dal ministro dell’Interno Matteo Salvini e dai suoi colleghi Elisabetta Trenta e Danilo Toninelli, mentre proprio sui decreti sicurezza anti-ong del leader leghista litigano i due possibili alleati M5s e Pd.

Nella tarda serata di giovedì - col mare mosso - sono stati fatti scendere a Lampedusa bambini, donne incinte, persone vulnerabili. In tutto 64 persone. Dei 98 migranti soccorsi mercoledì scorso su un gommone alla deriva a 70 miglia dalle coste libiche ne restano così ancora a bordo 34. In condizioni insostenibili, denuncia la Ong.

In particolare, spiega Mediterranea, «desta allarme la mancanza di acqua destinata a uso igienico e alle altre necessità di bordo, che si protrae da ormai 40 ore e di cui le autorità sono informate già dalle prime ore di ieri mattina». E questa emergenza, si sottolinea, «non può evidentemente essere risolta con il semplice invio di bottiglie di acqua».

Inoltre, preoccupa anche «la presenza a bordo di rifiuti derivanti dal salvataggio e dalla permanenza dei naufraghi (come i vestiti impregnati di benzina e di deiezioni): il rischio di malattie è aggravato dalla mancanza d’acqua, con conseguenti possibili danni per la salute di naufraghi ed equipaggio».

Motovedette di guardia costiera e guardia di finanza si sono date il cambio vicino alla Mare Jonio per fornire assistenza in caso di necessità. Nel pomeriggio di ieri visita a bordo dell’armatore Alessandro Metz e dell’eurodeputato e medico Pietro Bartolo, che hanno portato provviste e verificato le condizioni di naufraghi ed equipaggio. Tanti gli appelli a far sbarcare i 34 dalla nave.

«Quale stolto cinismo può continuare a permettere ancora questo scempio ai valori dell’umanità e della solidarietà?», chiede Nicola Fratoianni di Sinistra italiana. «Farli scendere subito», invoca Giuditta Pini (Pd). Il Garante dei detenuti, Mauro Palma, scrive al premier Giuseppe Conte sollecitando una soluzione ed esprimendo «sgomento nel vedere le immagini dello sbarco di bambini in tenera età avvenuto nella notte. Dal 28 agosto le 98 persone soccorse nel Mediterraneo centrale si sono trovate sotto la completa e diretta responsabilità dell’Italia, Stato di bandiera del vascello, e, quindi, sotto la giurisdizione del nostro Paese, titolare in via esclusiva della vicenda. Una situazione che non può e non deve ulteriormente protrarsi».

Si rivolge a Conte anche un gruppo di Ong, dall’Arci ad Amnesty, per chiedere lo sbarco. Nel frattempo, il gip di Agrigento, Stefano Zammuto, ha disposto il dissequestro della Open arms che resta però sotto fermo amministrativo. Nella sua ordinanza Zammuto rileva che le indicazioni del ministro dell’Interno, in tema di soccorso in mare, non possono prevalere sui Trattati internazionali cui l'Italia aderisce. Spetta al primo Paese contattato dalle persone «in pericolo in mare» il coordinamento delle operazioni di salvataggio.

Se il ministero non assegna il Pos (Place of safety) alla nave che ha fatto il soccorso si configura il reato di omissione di atti d’ufficio (328 del Codice penale).

Nel caso della Open Arms, è ipotizzabile anche il reato concorrente di "sequestro di persona». E anche la Procura del tribunale spagnolo dell’Audiencia Nacional sta studiando una denuncia presentata da un avvocato contro il ministro Salvini per aver negato i porti per 19 giorni alla nave.

(ANSA)

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