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Cittadinanza italiana, 1.500 pratiche sospette: 6 arresti e 19 indagati

Bufera sulle pratiche per ottenere la cittadinanza italiana. Sono oltre 1500 quelle sospette, contabilizzate da un sodalizio criminale in veri e propri "libri mastri"; 6 provvedimenti di custodia cautelare in carcere disposti dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Roma e 19 perquisizioni, nei confronti di 19 indagati.

Si tratta di una indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Roma e condotta dagli investigatori del Servizio Polizia Postale, ha smantellato una organizzazione dedita alla corruzione per il rilascio della cittadinanza italiana.

Sono stati firmati i primi primi decreti di revoca dello status di cittadino italiano da parte del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell’Interno, per i cittadini stranieri che avevano fruito del "sistema" criminale per acquisire lo status giuridico pur non avendone i requisiti.

Al vertice del sistema c'era una dipendente del Dipartimento libertà civili ed immigrazione, assistente informatico, già condannata in abbreviato a 4 anni ed 8 mesi di reclusione e alla confisca di 49.000 euro.

L’iter investigativo e giudiziale si è concluso di recente con la firma dei primi decreti di revoca dello status di cittadino italiano per i cittadini stranieri che avevano fruito del "sistema" criminale per acquisire lo status giuridico non avendone i requisiti.

I destinatari dei provvedimenti sono stati deferiti a vario titolo per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, favoreggiamento, detenzione abusiva di codici di accesso a sistema informatico, accesso abusivo al sistema informatico SICITT del Dipartimento libertà civili ed immigrazione del Ministero dell’Interno, utilizzato per l'istruttoria relativa alle pratiche per la concessione della cittadinanza italiana a firma del Presidente della Repubblica.

L'operazione, che prende il nome dal "codice K10" associato in automatico dal sistema informatico SICITT per la gestione delle pratiche per la concessione della cittadinanza italiana, muove dalla denuncia presentata al CNAIPIC dalla Direzione centrale per i diritti civili, del Dipartimento libertà civili ed immigrazione, dopo sospette anomalie informatiche. Le indagini hanno permesso di individuare più gruppi criminali dediti al mercimonio della cittadinanza italiana in grado, grazie alla presenza alla posizione di rilievo della dipendente del Dipartimento, di far superare con il diretto intervento sui sistemi informatici, anche gravi situazioni contrarie alla concessione dello status di cittadino italiano (precedenti penali, reddito insufficiente, mancanza di residenza etc.).

La dipendente del Dipartimento libertà civili ed immigrazione al vertice dell’organizzazione, procacciandosi illecitamente le password di accesso dei dirigenti del Dipartimento, dietro cospicuo compenso, sanava con il diretto intervento sul sistema informatico gestionale delle procedure istruttorie anche gravi irregolarità, determinando la positiva conclusione dell’iter per la concessione della cittadinanza italiana.

Il sistema criminale era organizzato secondo un vero e proprio schema "commerciale" multilevel che prevedeva la presenza di diversi "procacciatori di clienti corruttori", veri e propri "agenti di commercio", tra i quali "nuovi italiani" di origine egiziana e titolari di agenzie per il disbrigo di pratiche e servizi per cittadini stranieri.

Questi soggetti facevano riferimento quindi a dei veri e propri "responsabili", collettori unici in grado di "attivare" con contatti diretti e riservati la dipendente del Ministero. Tra questi in particolare, emerge la figura di un egiziano, colpito da ordine di custodia cautelare in carcere, esercente un’attività di vendita di frutta presso il cui locale commerciale, come dimostrato dalle videoriprese nel corso di intercettazioni ambientali, aveva sede la vera e propria centrale operativa del gruppo, dove avveniva la raccolta delle "pratiche" e del denaro.

Il prezzo della trattazione variava a seconda del livello di problematiche da sanare, fino ad un costo superiore ai mille euro, ripartiti tra i membri del gruppo in base al ruolo ricoperto nell’associazione. La riservatezza delle comunicazioni, soprattutto tra i responsabili dei procacciatori e l’operatrice del Dipartimento, era praticamente assoluta. Utilizzati sistemi di comunicazione cifrati e telefoni esclusivamente dedicati alle attività illecite. Solo le intercettazioni ambientali hanno permesso di documentare il passaggio di denaro e di pratiche, individuate nel gergo utilizzato dagli associati attraverso il codice K10, generato dal sistema SICITT al momento dell’inserimento dell’istanza. Accertate, solo per il periodo al centro dell’indagine, più di cento pratiche irregolarmente istruite in pochi mesi e validate per il successivo inoltro al Presidente della Repubblica, pratiche per le quali è in corso di perfezionamento l’iter di revoca dello status giuridico di cittadino italiano.

Le ulteriori verifiche, ed in particolare l’analisi del materiale informatico, hanno infine permesso di risalire ai "libri mastri" ed all’individuazione di ulteriori migliaia di pratiche attualmente al vaglio dell’autorità giudiziaria e dei tecnici del Ministero dell’Interno, per la successiva istruttoria di revoca della cittadinanza. Nel corso delle diverse attività di perquisizione sono stati sequestrati 135.000 euro in contanti provento delle attività di corruzione. Durante le indagini sono stati concordati con il Dipartimento una serie di espedienti dilatori che hanno impedito la conclusione di ulteriori pratiche irregolari.

Complessivamente oltre i 12 indagati parti attive nel "sistema" ed il marito della dipendente del Viminale indagato per favoreggiamento, sono stati deferiti all’autorità giudiziaria altri 7 soggetti per corruzione, tra i quali un avvocato del Foro Romano. ANSA

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