Una operazione della guardia di finanza, su disposizione del gip di Roma Daniela Caramico D'Auria, ha portato a quattro ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip di Roma Daniela Caramico D'Auria, per i reati di corruzione in atti giudiziari commessi in seno al Consiglio di Stato e al Consiglio di Giustizia amministrativa della Regione Sicilia. Disposte anche una serie di perquisizioni
Ai domiciliari sono finti il giudice Nicola Russo, già coinvolto in altre vicende giudiziarie, l'ex presidente del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Sicilia Raffaele Maria De Lipsis, l'ex consigliere della Corte dei Conti (ora in pensione), Luigi Pietro Maria Caruso e il deputato dell'assemblea regionale siciliana Giuseppe Gennuso. Per quest'ultimo l'ordinanza non è stata eseguita in quanto risulta al momento all'estero. Il reato contestato è corruzione in atti giudiziari.
L'inchiesta, coordinata dall’aggiunto Paolo Ielo e dal pm Stefano Rocco Fava, è quella relativa a presunte sentenze pilotate presso palazzo Spada, nata dopo l’arresto un anno fa dell’avvocato siciliano, Piero Amara con le accuse di associazione a delinquere per la commissione di reati quali il falso e la corruzione in atti giudiziari. Insieme a lui era stato arrestato anche il suo socio, Giuseppe Calafiore.
Tre episodi sono contestati al giudice del Consiglio di Stato (ora sospeso) Nicola Russo e due all'ex presidente del Consiglio di giustizia amministrativa (Cga) della Sicilia, Raffaele Maria De Lipsis. In base a quanto raccontato da Amara, Russo avrebbe ottenuto da lui circa 80 mila euro (e altri 60mila promessi), per aggiustare sentenze di tre procedimenti.
A svolgere un ruolo di "mediatore", in base a quanto accertato dagli inquirenti, sarebbe stato anche l'avvocato Stefano Vinti oggetto questa mattina di una perquisizione. Il suo nome spunta in una vecchia intercettazione nell'ambito del caso Consip, finita agli atti dell'indagine, tra Alfredo Romeo e Italo Bocchino, in cui i due parlando dell'avvocato affermano che "comprava cause a blocchi".
Per quanto riguarda De Lipsis avrebbe ottenuto tangenti per 80 mila euro per intervenire su alcune sentenze. Tra queste anche quella relativa ad un contenzioso che la società Open Land, rappresentata da Amara, aveva con il comune di Siracusa.
De Lipsis, attraverso la nomina di consulenti graditi ad Amara e Calafiore, fa ottenere alla società un risarcimento dal comune siciliano di 24 milioni euro. Di questi ne verranno elargiti due prima dell'esplosione del caso giudiziario. Per questa operazione De Lipsis ha ottenuto 50 mila euro di tangenti.
Infine l'ex presidente del Cga è intervenuto, in qualità di presidente del collegio, nella vicenda relativa al ricorso presentato da Giuseppe Gennuso dopo la sua mancata elezioni alle amministrative del 2012. Il tribunale amministrativo annullò quel risultato elettorale di Siracusa favorendo Gennuso che venne rieletto alla nuova tornata. In cambio il giudice ha ottenuto 30 mila euro. Denaro che Gennuso consegnò attraverso l'ex giudice della Corte di Conti, Luigi Pietro Maria Caruso.
L'ex presidente del Cga è finito sotto inchiesta anche a Palermo con l'accusa di aver fatto pressioni sul suo successore, Claudio Zucchelli che non è indagato. L'obiettivo era ottenere una sentenza favorevole alla Ustica Lines del trapanese Ettore Morace il quale aveva fatto ricorso al Cga dopo che il Tar aveva bloccato l'appalto per i collegamenti con le isole minori.
L'ufficio stampa della Giustizia Amministrativa, intanto, precisa che "nè a Palazzo Spada, a Roma, sede del Consiglio di Stato, nè a Palermo, presso la sede del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana, vi sono state oggi perquisizioni (in quanto i fatti riguardano magistrati non in servizio)". E in una nota sottolinea che le misure cautelari "riguardano un ex magistrato, in pensione dal 2015 e un Consigliere di Stato già sospeso dal servizio dal 2017 (con misura cautelare disciplinare)".
"Da quanto si apprende dagli organi di informazione, in attesa di ricevere gli atti, per le eventuali ulteriori valutazioni di natura disciplinare, le misure cautelari di oggi riguardano sempre i medesimi episodi attribuiti a magistrati non in servizio", conclude il comunicato.
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