ROMA. «Sono amareggiato, più che sorpreso, per l’ennesimo atto di crudeltà giudiziaria compiuto dal tribunale di Sorveglianza di Roma e lamentato anche da diversi detenuti nelle mie stesse, se non peggiori, condizioni». E' quanto scrive dal carcere di Rebibbia Marcello Dell’Utri in una lettera consegnata ai suoi difensori, gli avvocati Alessandro De Federicis e Simona Filippi. Nei giorni scorsi i giudici hanno detto «no» alla scarcerazione per motivi di salute.
Poche righe, quelle di Dell'Utri, scritte nel centro clinico del carcere di Rebibbia dove sta scontando una condanna a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa.
Nella missiva consegnata agli avvocati Alessandro De Federicis e Simona Filippi. Dell'Utri sostiene che "contro ogni obiettivo esame della situazione patologica il tribunale di Sorveglianza di Roma si prodiga in una motivazione fantasiosa che non può trovare accoglimento in una normale intelligenza e in un animo sereno".
Dell'Utri continua affermando che "ancora più mi meraviglia il fatto che nulla è stato disposto perche' mi sia praticata una forma di terapia effettiva, idonea e concreta, compatibile con il mio stato e in rapporto alla motivazione devo ribadire che la storia della latitanza in Libano e' una leggenda vera e propria per cui ho chiesto ai miei difensori di far acclarare una volta per tutte la verità dei fatti".
Le parole dell'ex esponente di Forza Italia sono una risposta a quanto scritto dai magistrati nelle motivazioni con cui hanno confermato la sua compatibilità con il regime carcerario. Per i giudici sussiste il pericolo di fuga in un quadro clinico con patologie che non appaiono in stato avanzato.
Dell'Utri, secondo una serie di consulenze svolte anche dai medici di Rebibbia, è affetto da patologie cardiache, diabete e l'estate scorsa gli è stato diagnosticato un tumore alla prostata.
Per il collegio dei giudici, presieduto da Luisa Martoni, l'ex esponente di Forza Italia e' in grado di deambulare e potrebbe quindi fuggire anche perche' non puo' essere sottoposto alle terapie necessarie con l'utilizzo del braccialetto elettronico. A parere dei giudici l'ex parlamentare puo' essere curato presso i reparti di Servizi assistenza intensificata (Sai) che sono previsti nelle strutture carcerarie
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