PARTANNA. "Il Belice non è morto", anzi è riuscito a "rialzarsi dopo la catastrofe" ma lo Stato deve onorare i suoi debiti. Davanti a Sergio Mattarella il coordinatore del comitato dei sindaci, Nicola Catania, rivendica alla "dignità di un popolo" la spinta decisiva alla rinascita nel corso della cerimonia per i 50 anni dal terremoto del Belice a Partanna. E' una storia di sacrifici, impegno sociale, politico e culturale, lotte di tanti anni, caparbietà imprenditoriale. "Questa terra - ha detto Catania - oggi vuole mostrarsi come un insieme di bellezze naturali, di eventi culturali di alto spessore, di beni culturali di rara bellezza, innovative reti museali, rinomati percorsi enogastronomici e di un'offerta turistica di alta qualità". Nell'auditorium di Partanna resta lontana l'immagine della terra povera e disperata sconvolta dal terremoto di 50 anni fa. Nelle parole di Catania emergono un nuovo quadro socio-economico e la volontà di costruire velocemente il futuro che però si confronta con il rischio che le cose siano lasciate "nella trappola di un eterno presente". Sul passato, fatto di sprechi e inefficienze, i sindaci non fanno sconti ma ora si aspettano che si faccia tesoro degli errori. Allo Stato chiedono di sostenere un "percorso virtuoso" già avviato sanando "piaghe ancora aperte", di completare le infrastrutture e di realizzare le opere di urbanizzazione che ancora mancano. Poi serve un aiuto alle amministrazioni locali perché siano messe in condizioni di gestire "aree urbanizzate a dismisura rispetto alla popolazione residente". A nome dei sindaci, Catania lancia ancora un grido d'allarme su quella che chiama una "aggressione alle risorse dei bilanci comunali". Si riferisce al fatto che quando lo Stato non paga i contributi previsti dalle leggi, i cittadini bussano alle casse dei comuni e così si "sta portando le nostre amministrazioni verso un sicuro default". Per sostenere il cammino verso il futuro il Belice ha dovuto fare i conti con la mancata concessione di una "zona franca" sperimentale e ora non rivendica più "finanziamenti esclusivi" ma chiede di concorrere nella programmazione delle risorse esistenti e una "corsia dedicata" per misure utili a superare ogni ritardo rispetto al resto del Paese. A sostegno della richiesta complessiva che le istituzioni "onorino il loro debito" non solo economico, il Belice si gioca anche la carta di una terra che ha forte il senso dell'unità dello Stato ed è aperta all'accoglienza.