
BOLOGNA. «Ci saranno tante persone che gioiranno del fatto che Riina, morendo, non potrà più parlare» e con la sua morte «scompare un’altra cassaforte dopo quella vera scomparsa dopo la sua cattura», dice Salvatore Borsellino arrivando all’Itc di San Lazzaro di Savena per un incontro con gli studenti ha commentato la morte del boss Totò Riina condannato all’ergastolo anche per la strage che costò la vita a suo fratello Paolo.
Per Borsellino, infatti «se è altamente improbabile che un criminale della caratura di Riina potesse mai parlare è altrimenti tanto più improbabile se non impossibile che ci possa essere mai un pentito di Stato. E purtroppo di questo ci sarebbe bisogno per sapere la verità su quella scellerata trattativa che io ritengo abbia, se non altro, accelerato la morte di mio fratello. Oggi sarà più difficile arrivare alla verità».
Se la morte di Totò Riina renderà più difficile l’accertamento della verità sulle stragi di mafia, per il fratello minore del giudice Paolo Borsellino, Salvatore, "l'altro grande ostacolo alla verità - ha detto a San Lazzaro nel bolognese - è stata la distruzione delle intercettazioni di Napolitano perché, forse, se fossero state rese pubbliche, avremmo potuto avere le idee più chiare su quegli indicibili accordi di cui scrisse il suo consigliere politico D’Ambrosio prima che un 'provvidenziale' infarto lo portasse via».
A chi gli chiede se perdona: «Posso perdonare mio figlio se fa una cazzata. Mi ci incazzo e poi lo perdono. Ma un assassino, un criminale: che cosa significa perdonare? C'è una legge».
«Mi hanno chiesto se era giusto tenerlo al 41 bis - ha aggiunto Borsellino riferendosi al regime di carcere duro cui il boss era sottoposto -. Ma Riina aveva 26 ergastoli, tutti di tipo ostativo cioè che non prevedono riduzioni di pena. Di fronte a questo che cosa significa? Sovvertiamo la legge? La condanna è tale se c'è la certezza della pena. Ma se non c'è la certezza della pena e qualcuno pensa che anche un assassino come Totò Riina possa essere messo fuori allora la certezza non esiste più. E senza questa certezza le leggi non vengono rispettate».
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1 Commento
Mariano
17/11/2017 18:41
La morte di Rina e' ulteriore motivo per proclami, dichiarazioni, interviste e via dicendo. Agnese Borsellino e' stata un esempio di nobiltà e sobrietà. Un dolore intimo, vissuto lontano dai riflettori e senza finestre mediatiche. Restando legata al ricordo del Marito, persona sostanzialmente schiva e poco propensa ad apparire personaggio pubblico, se non per quel tanto che il suo ruolo di magistrato di prima linea richiedeva. Distanze siderali da quanti invece sull'olocausto dei propri Congiunti hanno creato percorsi di notorietà, presenziando agli eventi dove è importante esserci e cogliendo ogni occasione per sentenziare e pontificare sull'ovvio. Di recente anche un congiunto magistrato, fratello di una illustre Vittima di mafia, ha preso le distanze dalla fondazione intitolata anche alla sorella. Il fatto che una Persona seria ( che poco ama i riflettori ) abbia assunto una posizione dal significato inequivocabile, dovrebbe fare riflettere e fare comprendere che il volere a tutti i costi essere al centro dell'attenzione, fa perdere di credibilità e svilisce l'immagine di chi è stato eroico protagonista.