ROMA. Riina è morto, ma la mafia non è finita. E' questo il pensiero comune nel giorno della scomparsa del "capo dei capi" di Cosa Nostro, deceduto in carcere a Parma questa notte, all'età di 87 anni. Per il ministro della Giustizia Andrea Orlando, la firma della deroga al regime del 41 bis per permettere ai familiari di Totò Riina di incontrarlo è stato «un gesto giusto».
Il guardasigilli lo ha detto a Bologna, a margine di un convegno sul tema delle migrazioni, ammonendo tuttavia che "la sua morte non ci induca ad abbassare la guardia». «Lo Stato in tutte le occasioni deve marcare la propria differenza e distanza dalla mafia - prosegue Orlando - e fare ciò che la mafia non ha fatto con chi è caduto sotto i suoi colpi, manifestando quella pietà che loro non hanno saputo esprimere. Non significa però sottovalutare il pericolo che ancora oggi la mafia rappresenta: muore un protagonista di una stagione, ma la stagione di oggi, seppur forse meno rumorosa e sanguinaria, non è meno pericolosa. La mafia sa cambiare, l’impressione che in qualche modo con questa morte si chiuda una pagina non ci deve indurre in alcun modo ad abbassare la guardia».
Il ministro ha concluso affermando che «Riina ha avuto un’assistenza sanitaria e cure adeguate fino all’ultimo momento, lo Stato ha garantito cifra di civiltà che corrisponde alla sua natura democratica». La morte del boss Totò Riina, come quella di Provenzano, «accenderà nuovi problemi all’interno di Cosa nostra per la successione. Perché finché un capo è vivo, anche se in carcere, non viene sostituito», dice il presidente del Senato, Pietro Grasso, a Carrù, nel cuneese, dove celebra la figura di Luigi Einaudi.
«La guardia non si è abbassata - aggiunge la seconda carica dello Stato a proposito delle ricerche del super latitante Matteo Messina Denaro. «E' sempre ricercato e speriamo presto di arrivare a un risultato positivo». «Muore Riina ma non finisce Cosa Nostra. Scompare quello che tuttora, nonostante la detenzione, era il capo della mafia, e si apre una nuova stagione. Ma Cosa Nostra non è finita», dice il procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi.
«Il Signore lo abbia in gloria. Spero che la sua morte possa spingere tutti ad assumersi le proprie responsabilità e a pensare che le cose non cambieranno solo perchè è morto Riina, cambieranno invece se tutti ci assumeremo le nostre responsabilità e chi è chiamato ad amministrare lo faccia tenendo presente la lealtà, la legalità e le istanze di tutti». Lo ha detto il segretario della Cei, mons. Nunzio Galantino, a margine di una presentazione.
«Io non credo che la morte di Riina abbia chiuso i conti con un certo passato. Le mafie sono ancora forti, hanno infiltrato l’economia privata e gli enti pubblici. Lo Stato deve resistere e quel signore era in galera in regime di carcere duro e quelli sono regimi di carcere che devono restare. C'è ancora tanto da fare nella lotta alla mafia «. Lo ha detto rispondendo ai giornalisti il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio a margine di un incontro nella sede di Confesercenti a Milano. «È morto il boss Totò Riina. Il capo dei capi di Cosa nostra. Ma non è morta la mafia e si determina una fase di transizione tremenda e dagli esiti incerti. La sfida è in sostanza aperta. Adesso non possiamo perdere tempo», afferma il senatore del pd, capogruppo in commissione giustizia e componente della commissione parlamentare antimafia, Giuseppe Lumia.
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