ROMA. Marco Cappato è indagato per aiuto al suicidio in relazione alla morte di Dj Fabo e a seguito dell'autodenuncia di ieri davanti ai Carabinieri. Il pm di Milano Tiziana Siciliano, da quanto si è saputo, ha intenzione di interrogarlo alla presenza di un legale.
Oltre ad autodenunciarsi per portare così «lo Stato ad assumersi le proprie responsabilità», Cappato ieri davanti ai carabinieri della Compagnia Duomo, a Milano, Marco Cappato, tesoriere dell'associazione Luca Coscioni, ha messo a verbale che sta «aiutando anche altri, due persone in particolare hanno già un appuntamento in Svizzera e noi le aiuteremo, una materialmente, l'altra economicamente».
Prima di aggiungere: «Continueremo a farlo in maniera organizzata e reiterata fino a che non saremo fermati». La battaglia di Cappato, «e con me di Mina Welby e Gustavo Fraticelli», per l'eutanasia legale, dunque, va avanti, mentre il pm di Milano Tiziana Siciliano (coordinatore del pool 'ambiente, salute e lavorò), a cui è stato trasmesso subito nel pomeriggio il verbale redatto dai militari che hanno sentito l'esponente dei Radicali per oltre un'ora, ha aperto un fascicolo.
E mentre sul fronte politico il premier Paolo Gentiloni ha detto di guardare «con rispetto al confronto parlamentare che c'è e credo sia doveroso e interpella le coscienze dei singoli parlamentari», su quello strettamente giudiziario il procuratore Francesco Greco ha sottolineato la «complessità» del caso.
«Ciò che ha verbalizzato Cappato - ha spiegato il capo della Procura - sarà valutato sotto tutti i profili giuridici, compresa la giurisprudenza della Cedu, in materia di diritti». Si tratterà «di ricostruire i fatti, è una storia che presenta profili di rilievo sia in termini di principi generali che giuridici, dato che qui c'è una questione di diritto alla vita e alla morte».
Intanto, Cappato spera «di essere incriminato» e di potersi «difendere», perchè «se il processo potesse servire come precedente per superare la situazione di clandestinità di tante persone, allora sarebbe utile». E «se ci sarà l'occasione di difendere davanti a un giudice quello che ho fatto - ha proseguito - lo potrò fare in nome di principi costituzionali che sono più forti di un codice penale scritto in epoca fascista».
L'esponente dei Radicali già davanti ai carabinieri, comunque, non si è tirato indietro di fronte alle sue responsabilità: «Una buona parte dei fatti è avvenuta in Italia e senza ciò che è avvenuto qua e l'aiuto che io ho dato, oggi Fabiano Antoniani sarebbe ancora in quella condizione in cui non voleva più essere».
E ancora: «Io l'ho caricato sulla sua macchina sabato mattina verso le 12 su sua richiesta, aiutandolo a salire e l'ho portato da casa sua, guidando, fino alla clinica Dignitas, dove è stato messo in un letto e là ha ottenuto l'assistenza medica per la morte volontaria».
L'ex parlamentare europeo, però, è andato anche oltre perchè ha dichiarato ai carabinieri che «noi con il sito internet 'Sos eutanasià e l'associazione appositamente predisposta 'Soccorso civile" abbiamo seguito in questi anni un centinaio di persone, fornendo informazioni e aiuto e ora due persone, in particolare, sono in attesa, hanno già un appuntamento in Svizzera e hanno già avuto il 'semaforo verdè». Parlando, infine, con la voce commossa ai cronisti, ha raccontato che Fabo prima di andarsene «mi ha detto 'grazie", e io l'ho detto a lui».
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