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Amri, Gabrielli: "Fare i nomi degli agenti non è stato un errore"

ROMA.  "Non c'è alcuna esposizione, ma un riconoscimento chiaro. Una sottolineatura per mettere al centro chi ha reso possibile tutto questo, rischiando la propria vita". Il capo della Polizia Franco Gabrielli interviene sulla polemica esplosa dopo che il Governo ha reso pubblici i nomi dei due agenti che hanno bloccato e ucciso Anis Amri a Sesto San Giovanni. Intanto, proseguono le indagini sul presunto killer e sui suoi eventuali contatti in Italia. Mentre in Tunisia è stato arrestato il nipote, che ha confessato di aver comunicato con lo zio via Telegram per fargli eludere controlli di polizia. Ed oggi è rientrata in Italia la salma di Fabrizia Di Lorenzo, la 31enne rimasta uccisa a Berlino.

 "Fare i nomi con questo tipo di terrorismo - spiega il capo della Polizia - non è né un errore né un'esposizione, perché non siamo in presenza di un terrorismo come quello che abbiamo conosciuto negli anni settanta, un terrorismo endogeno che ha interesse a colpire il singolo, dunque Franco piuttosto che Mario o Cristian. Qui ci troviamo di fronte a qualcosa di diverso". La preoccupazione, infatti, "non è per le individualità, ma per l'appartenenza: sono a rischio tutti coloro che rappresentano le forze di polizia e hanno una divisa". Per questo ieri mattina, a poche ore dalla sparatoria di Sesto, Gabrielli ha firmato la circolare in cui chiede "massima attenzione" perché non è possibile escludere "azioni ritorsive" nei confronti delle forze di polizia.

Proseguono, intanto, le indagini da parte degli investigatori italiani e tedeschi, che ieri mattina si sono incontrati in questura a Milano. La scheda telefonica trovata nello zaino del tunisino non è mai stata usata. Analisi continuano anche sul telefonino ritrovato nel camion usato per la strage. Sulla pistola calibro 22 sono in corso gli accertamenti balistici per verificare se è la stessa usata per uccidere l'autista polacco del camion. Le immagini registrate dalle telecamere di sicurezza di almeno sei stazioni ferroviarie italiane sono state acquisite dagli investigatori che stanno cercando di ricostruire come l'uomo sia arrivato ieri in Italia. C'è da capire se ha avuto contatti con qualcuno e si indaga anche sulle sue 'vecchie conoscenze' italiane durante gli anni passati in Sicilia tra carceri e Cie. Finora non è emersa la presenza di complici nell'azione di Berlino e nella successiva fuga in Italia, ma il suo messaggio video diffuso dall'agenzia Amaq vicina all'Isis lascia immaginare che l'uomo possa far parte di una rete o comunque aver goduto di appoggi.

Anche dalla Tunisia potrebbero arrivare elementi utili dall'arresto ieri del nipote nel corso di un'operazione per smantellare una cellula terroristica. Il nipote ha precisato che lo zio lo avrebbe reclutato e convinto a adottare l'ideologia takfirista (un pensiero estremista islamico, strettamente legato all'idea di jihad) domandandogli di prestare fedeltà all'Isis, cosa che poi avrebbe fatto inviando un testo scritto su Telegram.

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