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Bindi: "Se Borsellino fosse vivo soffrirebbe per certa antimafia"

PALERMO. "Se fosse ancora vivo Borsellino soffrirebbe certamente a vedere le distorsioni di certa antimafia, di alcuni esponenti di movimenti nati sul sangue di magistrati e cittadini e finiti a seguire il fine della carriera e del denaro. Certamente ci aiuterebbe a capire come restituire limpidezza all'antimafia".

Lo ha detto la presidente della commissione Antimafia Rosy Bindi intervenendo al convegno organizzato dall'Anm per il 24esimo anniversario dell'uccisione del giudice Paolo Borsellino e degli agenti della scorta. "Probabilmente Borsellino - ha aggiunto la Bindi - sarebbe anche preoccupato di come è maturata questa Italia negli ultimi 24 anni, ma sono certa che saprebbe comunque intravedere i segnali di speranza che pure ci sono nel nostro Paese".

"Borsellino e Falcone - ha aggiunto - sono tra i personaggi che uniscono, attorno ai quali le persone si stringono e nei quali si riconoscono. Ci sono verità che ora possono essere affermate in sede politica e parlamentare. E' il momento di emettere un giudizio politico che è diverso da quello che può emergere nelle sedi giudiziarie".

Torna a parlare della necessità che un organismo politico come la commissione Antimafia si occupi delle stragi mafiose del '92 la presidente Rosy Bindi, intervenuta oggi a Palermo a un convegno dell'Anm organizzato in occasione del 24esimo anniversario dell'eccidio in cui perse la vita il giudice Paolo Borsellino.

"Dopo 24 anni la sede giudiziaria non può essere l'unica sede nella quale porsi interrogativi fondamentali che aiutano a dare risposta al sacrificio di queste vite e a una certa fase storica di questo Paese, 24 anni sono tanti e sono abbastanza per potere fare una ricostruzione storica. La commissione farà la sua parte per contribuire alla ricerca della verità".

Lo ha detto la presidente della commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi, rendendo omaggio in via D'Amelio alle vittime della strage di 24 anni fa, insieme al procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, al questore Antonella De Miro e al prefetto Guido Longo di Palermo, al vicepresidente della commissione Claudio Fava, e al procuratore generale della corte di appello di Palermo, Roberto Scarpinato.

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