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Nei fondali siciliani un barcone naufragato 20 anni fa, imprigionati i corpi di 283 migranti

CATANIA. Per un barcone naufragato lo scorso anno nel Mediterraneo in corso di recupero, c'è un altro che da circa 20 anni giace nei fondali dello stesso mare, per quella che, fino allo scorso anno era considerata la più grande tragedia della migrazione del dopoguerra nel Canale di Sicilia: la strage della notte di Natale del 1996 in cui persero la vita 283 clandestini tra pakistani, indiani e cingalesi Tamil.

L'imbarcazione fece naufragio 19 miglia al largo della costa di Portopalo di Capo Passero, nel Siracusano.  Due le persone condannate, in secondo grado dalla Corte d'assise d'appello di Catania, a 30 anni ciascuno di reclusione: l'armatore pachistano Ahmed Sheik Turab, considerato l'organizzatore del viaggio, e il libanese El Hallal Youssef, comandante della 'Yohan' la 'nave madre' che, secondo l'accusa, entrò in collisione con il barcone F-174 poi inabissatosi, mentre stava effettuando il trasbordo degli immigrati.

Per molto tempo quella tragedia rimase avvolta nel mistero, anche perché i cadaveri degli immigrati rimasero imprigionati dentro il barcone. Soltanto alcuni anni dopo le telecamere piazzate su un mini sommergibile, e l'inchiesta di un giornalista consentirono di localizzare il relitto, un peschereccio maltese che aveva come segno distintivo la sigla F-174, e di trovare la 'prova' della strage.

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