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Cassazione, la procura generale: infondate le accuse contro Bulgarella

PISA. La Procura generale presso la Cassazione "smentisce le accuse contro l'imprenditore Andrea Bulgarella, ritenuto dalla Dda di Firenze colpevole di aver commesso reati finanziari con l'aggravante di aver favorito Cosa Nostra". Lo afferma una nota del gruppo dell'imprenditore siciliano confermando le anticipazioni riportate oggi dalla stampa locale.

Nella sua requisitoria, prosegue la nota di Bulgarella costruzioni, "il sostituto procuratore generale, Ciro Angelillis, ha affermato che l'ipotesi accusatoria secondo cui Bulgarella avrebbe intrapreso le sue attività imprenditoriali nel territorio toscano attraverso il reimpiego di denaro di provenienza illecita con la collaborazione di Unicredit appare talmente in contrasto con le emergenze procedimentali da non poter essere neanche ipotizzata in astratto".

Per questo l'alto magistrato ha chiesto di rigettare il ricorso della Dda fiorentina che ha impugnato l'ordinanza del tribunale del riesame che lo scorso 28 ottobre ha annullato il decreto di perquisizione e il sequestro di documentazione a carico del costruttore. "Nella sua requisitoria - sottolinea il gruppo Bulgarella - il pg della Cassazione, in maniera univoca, ribadisce quello che avevano accertato, con estrema chiarezza, i giudici del riesame, e cioè che le conversazioni intercettate tra i dirigenti della banca, la vicenda della 'Calcestruzzi Valderice' o i rapporti commerciali intrattenuti con imprenditori imparentati con persone appartenenti a cosche mafiose, sono, a tutto concedere, non significativi, neutrali, se non addirittura di segno opposto alle ipotesi accusatorie".

Bulgarella: contro di me danno immagine incancellabile. "Prendo atto di quanto accaduto ma sono tutt'altro che sollevato. Il danno d'immagine procurato alla mia persona, alle mie aziende e ai miei collaboratori, non si cancella con un tratto di penna". Lo afferma in una nota Andrea Bulgarella, il costruttore siciliano da anni a Pisa, commentando la requisitoria del pg della Cassazione secondo il quale le accuse di avere favorito la mafia mosse nei suoi confronti dalla Dda fiorentina sarebbero infondate.

"Non posso dimenticare - aggiunge l'imprenditore - come quelle che erano solo ipotesi accusatorie, siano state date in pasto alla stampa come fossero verità acclarate, complice certo giornalismo supino alle procure che, in spregio alle elementari regole di deontologia professionale, mi ha dipinto come un colluso con la mafia, spesso senza darmi la possibilità di replicare. Un meccanismo di sputtanamento mediatico devastante: basta mettere su un qualsiasi motore di ricerca di internet il mio nome e vedere come esso sia associato, tout court, alla mafia. Nessun tribunale italiano potrà sanare questa ferita. Per questo ho deciso di cedere tutte le mie attività imprenditoriali. Ho la colpa di essere un siciliano di Trapani, 'la terra di Matteo Messina Denaro', dove tutto (e niente) è mafia. E dove un'antimafia farlocca s'inventa la mafia pur di perpetuare se stessa. Una terra dove gli imprenditori sono spesso schiacciati dal pregiudizio. Un modo per non catturare Matteo Messina Denaro è di cercarlo là dove non c'è".

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