PALERMO. Basta un’intercettazione o anche due per essere dichiarati incandidabili. Alla faccia dei principi della presunzione di innocenza: perché nel civile non ci sono le stesse garanzie del penale e quando si tratta di vicende di mafia prevale l’interesse pubblico, che vuol escludere dagli organi di governo e di amministrazione locale soggetti che comunque siano sospettati di aver avuto rapporti con esponenti di Cosa nostra. La Cassazione scrive una parola importante nella lotta alla mafia: a farne le spese è Giampiero Marchese, ex vicepresidente del Consiglio comunale di Misilmeri, oggetto di due conversazioni del boss Francesco Lo Gerfo, condannato a 15 anni in appello, nel processo «Sisma», a Palermo. Sebbene non parlasse direttamente Marchese e anche se la sua responsabilità penale non è stata affermata in alcuna sentenza, osserva la prima sezione civile della Suprema Corte, il politico non si potrà candidare nel primo turno elettorale comunale o regionale successivo allo scioglimento per mafia dell’amministrazione, avvenuto nel luglio 2012. DAL GIORNALE DI SICILIA IN EDICOLA. PER LEGGERE TUTTO ACQUISTA IL QUOTIDIANO O SCARICA LA VERSIONE DIGITALE