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Beni confiscati, stop a parenti e maxi-incarichi

I consulenti e liberi professionisti non dovranno avere legami di parentela con l'amministratore giudiziario e non potranno avere più di dieci consulenze in un anno

PALERMO. Dopo l' inchiesta che ha travolto nei mesi scorsi la sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo, si cambia registro: sono stati fissati nuovi criteri, chiari e trasparenti, per l'affidamento delle consulenze legate all'amministrazione giudiziaria dei beni sequestrati alla mafia.

I professionisti che, di volta in volta, saranno chiamati ad aiutare l' amministratore dovranno avere requisiti ben precisi e dovranno anche sottoscrivere una liberatoria per evitare che gli incarichi possano essere affidati sempre agli stessi o che si creino condizioni di palese incompatibilità. I nuovi parametri sono contenuti in una circolare del presidente della sezione, Giacomo Montalbano, che recepisce un precedente provvedimento del presidente del tribunale di Palermo, Salvatore Di Vitale.

I liberi professionisti (fiscalisti, commercialisti, tecnici, ingegneri, avvocati ecc.) prima di tutto non dovranno avere affinità fino al terzo grado di parentela né con l' amministratore giudiziario dal quale saranno chiamati, né con i giudici che si occuperanno di quel preciso procedimento di sequestro o confisca, né con il personale di cancelleria. Questo è un modo per evitare che si possano favorire famigliari nell' affidamento delle consulenze, proprio come sarebbe invece avvenuto - secondo la Procura di Caltanissetta- in precedenza, sotto la presidenza di Silva na Saguto.

I professionisti che aspirano ad una consulenza, inoltre, non dovranno avere avuto più di venti incarichi in un anno da parte del tribunale di Palermo.

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