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«Arresti importanti, ma non bastano». La Chiesa allo Stato: aiutate il territorio

PALERMO. Dopo gli arresti di sei presunti ca pie gregari di Cosa nostra in provincia di Palermo, i parroci di Corleone e di Chiusa Sclafani, così come l' intera arcidiocesi di Monreale si schierano nuovamente contro la mafia. «La Chiesa - si legge in una nota - come comunità inserita nella storia che esercita responsabilità verso l' intera società intende continuare a promuovere la legalità connessa con la moralità e contrastare fenomeni devianti come la mafia e le sue piaghe cancrenose: il pizzo, l' usura, lo spaccio di droga ed i guadagni illeciti». L' arcidiocesi di Monreale, guidata dall' arcivescovo Michele Pennisi, invita però lo Stato ad aiutare la Chiesa, preoccupandosi, oltre che dell' aspetto repressivo, anche di quello preventivo, migliorando la qualità della vita sul territorio.
Contestualmente, però, proprio ad alcuni terreni della Curia di Monreale -84 ettari intorno al santuario di Santa Maria del Rosario di Tagliavia- è dedicato un capitolo dell' inchiesta «Grande Passo 3», che ha fatto scattare i sei fermi di venerdì. Secondo la Procura, in base a numerose intercettazioni e come era già emerso in passato, i terreni sarebbero in realtà in mano (e da tantissimi anni) alla famiglia del boss Totò Riina. Sarebbero stati i parenti di un fedelissimo del «capo dei capi», Antonino Di Marco (ora sotto processo per mafia) a prendersene cura. E, proprio per avere sempre un occhio sulla proprietà, lo stesso Riina avrebbe fatto assumere con regolare contratto al santuario di Tagliavia prima Vincenzo Di Marco (fratello di Antonino) che, raggiunta l' età pensionabile, ha lasciato il posto alfiglio Francesco. Questi - scrivono i pm - «risulta l' unico dipendente regolarmente assunto dal santuario, sottolineando così ancora più marcatamente come il suo impiego sia di natura anomala o quantomeno straordinaria».
I terreni sarebbero finiti al centro di una dura contesa tra i Di Marco e Rosario Lo Bue (uno dei fermati di venerdì, ritenuto il nuovo capomandamento di Corleone), che avrebbe richiesto l' intervento del figlio di Riina, Giuseppe Salvatore, detto «Salvuccio», e della «signora», cioè Ninetta Bagarella, moglie del boss. In pratica, Lo Bue avrebbe fatto pascolare degli animali sui terreni della Curia che, secon do gli investigatori, sarebbero stati in mano ai Di Marco, tentando di stravolgere quanto sarebbe stato stabilito tantissimi anni fa da Riina in persona circa l' affidamento dell' area. Non solo, il boss a suo tempo avrebbe anche sancito che in quei terreni «i Lo Bue non ci dovevano mettere piede».
Nella nota dell' arcidiocesi di Monreale viene ribadita la volontà di contrastare Cosa nostra sia con «la denuncia dal pulpito» che «con iniziative concrete volte a creare un costume e una mentalità alternativi a quelli della subcultura in cui alligna la mafia». Si ricorda anche che negli statuti delle confraternite «è stato sancito in modo inequivocabile il divieto di appartenenza dei singoli membri ad associazioni mafiose» e si rimarca come «la Chiesa di Monreale intende mettere in guardia tutti, in particolare i cristiani, i quali possono rischiare, con il silenzio e l' indifferenza, di alimentare ogni sorta di pratica criminale». Si invita anche «alla conversione alvangelo dei mafiosi, per creare una cultura della giustizia e della legalità» e l' arcidiocesi auspica anche «una maggiore presenza dello Stato oltre che nell' importante, quanto necessaria, opera repressiva anche in quella preventiva, migliorando le infrastrutture e la qualità della vita di questo territorio».

 

 

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