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Sinodo, approvata la relazione finale. Sulla Comunione ai divorziati si potranno valutare i diversi casi

Il Papa si è compiaciuto del fatto che i lavori non siano caduti «nè nel relativismo, nè nelle demonizzazioni», e ha invitato a proseguire il cammino portando al mondo «l'abbraccio della misericordia di Dio»

CITTÀ DEL VATICANO. Via libera alla comunione per i divorziati risposati ma sarà il sacerdote a valutare «caso per caso». Nessuna apertura invece sulle unioni omosessuali per le quali non si possono fare analogie, «neppure remote», con il matrimonio e la famiglia. Per le coppie di fatto vanno «valorizzati i segni d'amore». Queste le linee principali della Relazione finale del Sinodo sulla famiglia, il documento che i vescovi mettono ora nella mani del Papa, al quale spettano le decisioni.

E Papa Francesco nel suo discorso conclusivo ha messo in evidenza che il Sinodo «ci ha fatto capire meglio che i veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera ma lo spirito, non le idee ma l'uomo, non le formule, ma la gratuità dell'amore di Dio e del suo perdono». E comunque la Chiesa «non ha paura di sporcarsi le mani discutendo francamente e animatamente sulla famiglia», ha detto Bergoglio, uscendo con un grande applauso da questo confronto complesso tra le varie anime dell'episcopato.

L'apertura arriva dunque sul fronte di quelle coppie che si trovano a vivere una seconda unione e che per questo non possono avere vita piena nella Chiesa. Ma l'indicazione è quella di valutare «caso per caso», affidando il «discernimento» ai pastori. Tradotto in termini concreti, la riammissione dei divorziati alla vita piena della Chiesa (la comunione ma anche il poter fare da padrini, per fare degli esempi) passerà per un percorso con il confessore. Nel documento si parla di «integrazione nei diversi modi possibili», non citando esplicitamente i sacramenti. Ma l'apertura è stata  interpretata proprio in questo senso (senza smentite).

Una valutazione, quella del discernimento caso per caso, che 'passà ottenendo la maggioranza qualificata dei due terzi, ma che si rivela il punto più controverso tra i vescovi: un solo voto di scarto, 178 'si« rispetto ai 177 richiesti dal quorum. E ben 80 padri sinodali che dicono invece 'nò.

Apertura sui gay ma nessun passo avanti sulle unioni civili. Il coming out di monsignor Cristoph Charamsa, proprio alla vigilia del Sinodo, non sembra avere ottenuto i risultati sperati. Tuttavia la Chiesa chiede un'attenzione particolare per quelle famiglie nelle quali vive un omosessuale. »Ogni persona, indipendentemente dalla propria tendenza sessuale«, va »rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione«.

Ma a parte il capitolo delle »situazioni complesse« (divorziati risposati, omosessuali, coppie di fatto ma anche matrimoni misti), come titolato testualmente nella Relazione finale, i vescovi ribadiscono la centralità della famiglia, quella costituita da un uomo e una donna, aperta alla vita e basata sulla fedeltà reciproca.

E allora arriva anche un messaggio alla politica: »Non deve limitare i diritti delle famiglie« e ben vengano quei cristiani che per far passare questi valori, anche la »libertà di educazione« (si scrive senza citare la parola gender), si impegnano nella politica. Si parla anche della pedofilia, in relazione alle violenze in famiglia sulle donne e sui minori e la Chiesa ribadisce la »tolleranza zero«.

Focus infine sulle donne: ancora discriminate in molte realtà dovrebbero invece essere maggiormente valorizzate anche nella Chiesa. E i vescovi entrano direttamente dentro le case, dove qualche volta c'è uno squilibrio nei carichi tra marito e moglie. »L'emancipazione femminile richiede un ripensamento dei compiti dei coniugi - scrivono i vescovi nel documento - nella  loro reciprocità e nella comune responsabilità verso la vita familiare«.

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